Sabato 15 ottobre, nel centenario della nascita di don Luigi Giussani, Papa Francesco ha incontrato in udienza in piazza San Pietro il movimento di Comunione e liberazione, dimostrando tutta la sua paternità ad una realtà che tanto ha dato alla Chiesa e tanto può dare oggi. Ne ho scritto su IlSussidiario.net.
IlSussidiario.net, lunedì 17 ottobre, L’INCONTRO DI CL CON FRANCESCO/ Collaboratori delle profezie del Papa (Massimo Borghesi)
“Siete venuti in tanti, dall’Italia e da vari Paesi. Il vostro movimento non perde la sua capacità di radunare e mobilitare”: così ha detto papa Francesco al popolo di Comunione e Liberazione venuto a trovarlo, sabato 15, in occasione del centenario della nascita di don Luigi Giussani. Lo ha detto di fronte ad una piazza gremita come non se ne vedevano, a S. Pietro, dall’inizio del Covid.
C’era grande attesa per questo incontro. Più che comprensibile dopo la lettera del cardinale Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, inviata il 10 giugno a CL nella quale si affermava che “la dottrina della ‘successione del carisma’ – proposta e alimentata durante l’ultimo decennio in seno a Cl da chi era incaricato della conduzione, con strascichi che vengono ancora coltivati e favoriti in occasione di alcuni interventi pubblici – è gravemente contraria agli insegnamenti della Chiesa.
I moderatori e i presidenti dei movimenti ecclesiali non ricevono per successione personale il carisma del fondatore e non ne sono, dunque, gli unici interpreti. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un tentativo indebito e fuorviante di appropriazione e personalizzazione del carisma da parte di chi ha il ruolo di guida; da ciò deriverebbe un’autoreferenzialità non ammissibile nella Chiesa”. Un’affermazione grave che risuonava come una sconfessione della leadership del Movimento dopo la morte di don Giussani avvenuta il 22 febbraio 2005. Inusitatamente dura verso un Movimento che, con tutti i suoi limiti, ha comunque dato un contributo essenziale, soprattutto negli anni 70-90, per una presenza cristiana in Italia e nel mondo. Sabato il Papa ha usato un tono diverso.
“So, cari amici, fratelli e sorelle, che non sono per niente facili i periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente. Lo hanno sperimentato tante fondazioni cattoliche nel corso della storia. Bisogna ringraziare padre Julián Carrón per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato.”
Don Carrón, il responsabile del movimento di Cl dal 2005 al 15 novembre 2021, non è più sul banco degli imputati. È colui che in anni difficili, anche quando dentro Cl la figura del Papa argentino non appariva chiara, ha tenuto stretto il Movimento intorno al Papa, non ha avuto esitazioni in proposito. Restano certo i problemi che il Papa in modo paterno ha voluto richiamare. Problemi documentati da “un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più. I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere.”
Il Papa si attende da Cl “molto di più”, un giudizio che esprime, ad un tempo, un giudizio critico ed uno di stima. Francesco reputa “un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione” fondamentale non solo per quello che ha dato in passato ma anche per quello che può dare nel presente. Per questo Cl non deve perdersi, disperdersi nelle divisioni interne, nel gioco delle correnti. Questa sarebbe la sua fine. Le distinzioni possono essere utili e feconde, aiutano a sviluppare personalità mature e critiche. Le contrapposizioni no, scivolano nel manicheismo, nelle contese che si oppongono all’azione dello Spirito.
“Sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità in tutte le articolazioni del vostro movimento; sicuro. Voi sapete bene che unità non vuol dire uniformità. Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto nel cammino del movimento. Non può essere diversamente in un movimento nel quale tutti gli aderenti sono chiamati a vivere personalmente e condividere corresponsabilmente il carisma ricevuto. Tutti lo vivono originalmente e anche in comunità. Questo sì è importante: che l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni.”
Cl deve lottare per essere unita, per essere una compagnia cristiana che può e deve portare accenti diversi. Questa è una ricchezza. La legittima diversità non deve portare all’esclusione. Giussani non lo avrebbe tollerato e il Papa oggi non lo vuole. Da parte sua Francesco ha voluto ribadire ancora la sua riconoscenza e la sua stima per il sacerdote di Desio.
“Io esprimo la mia personale gratitudine per il bene che mi ha fatto, come sacerdote, meditare alcuni libri di don Giussani – da prete giovane –; e lo faccio anche come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa. […] Don Giussani è stato padre e maestro, è stato servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria. La Chiesa riconosce la sua genialità pedagogica e teologica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’‘utilità comune’. Non è una mera nostalgia ciò che ci porta a celebrare questo centenario, ma è la memoria grata della sua presenza: non solo nelle nostre biografie e nei nostri cuori, bensì nella comunione dei santi, da dove intercede per tutti i suoi.”
Non potrebbe esserci riconoscimento più grande. Sabato il Papa ha in qualche modo riconosciuto che il sacerdote di Desio non appartiene solo a Cl ma è già patrimonio della Chiesa universale, la sua persona appartiene alla schiera dei santi. Proprio per questo il suo Movimento non deve perdersi per strada, non deve soprattutto bloccarsi nello sguardo al passato rimirato con nostalgia. Questo sarebbe l’errore più grande. Guardare al presente e al futuro in un’ottica missionaria, facendo certo tesoro del passato, è la prospettiva giusta anche per valorizzare il carisma.
“A questo proposito vi chiederete: come possiamo rispondere alle esigenze di cambiamento del tempo presente custodendo il carisma? Anzitutto, è importante ricordare che non è il carisma a dover cambiare: esso va sempre nuovamente accolto e fatto fruttificare nell’oggi. I carismi crescono come crescono le verità del dogma, della morale: crescono in pienezza. Sono i modi di viverlo che possono costituire un ostacolo o addirittura un tradimento al fine per il quale il carisma è stato suscitato dallo Spirito Santo.”
Il carisma rimane autentico non se viene meccanicamente ripetuto, ma solo se viene declinato in forma creativa nelle circostanze attuali. Secondo il Papa
“La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire, ancora c’è gran parte da scoprire; vi invito perciò a rifuggire da ogni ripiegamento su voi stessi, dalla paura – la paura non ti porterà mai a un buon porto – e dalla stanchezza spirituale, che ti porta alla pigrizia spirituale. Vi incoraggio a trovare i modi e i linguaggi adatti perché il carisma che don Giussani vi ha consegnato raggiunga nuove persone e nuovi ambienti, perché sappia parlare al mondo di oggi, che è cambiato rispetto agli inizi del vostro movimento.”
Lo stesso Giussani ha dimostrato la sua creatività parlando, ogni volta in modo nuovo, a ben tre generazioni di giovani: quella studiosa degli anni 50-60 segnata dal clima esistenzialista-illuminista, quella iperpoliticizzata degli anni 70 mobilitata dall’ideologia marxista, quella neoborghese e depoliticizzata dell’era della globalizzazione. Questo, secondo il Papa, è quanto il Movimento di Cl deve fare oggi: conservare il proprio carisma rinnovandosi poiché il mondo di oggi è cambiato rispetto agli inizi del movimento. Oltre a ciò, affinché il carisma possa essere mantenuto, vivo, occorrono altre due condizioni. Una riguarda la dimensione educativa. Don Giussani non ha mai voluto fotocopie di se stesso, non ha educato i giovani ad essere ripetitori di un messaggio.
“Don Luigi aveva una capacità unica di far scattare la ricerca sincera del senso della vita nel cuore dei giovani, di risvegliare il loro desiderio di verità. Da vero apostolo, quando vedeva che nei ragazzi si era accesa questa sete, non aveva paura di presentare loro la fede cristiana. Ma senza mai imporre nulla. Il suo approccio ha generato tante personalità libere, che hanno aderito al cristianesimo con convinzione e passione; non per abitudine, non per conformismo, ma in modo personale e in modo creativo. Don Giussani aveva una grande sensibilità nel rispettare l’indole di ognuno, rispettare la sua storia, il suo temperamento, i suoi doni. Non voleva persone tutte uguali e non voleva nemmeno che tutti imitassero lui, che ognuno fosse originale, come Dio lo ha fatto. E infatti quei giovani, crescendo, sono diventati, ciascuno secondo la propria inclinazione, presenze significative in diversi campi, sia nel giornalismo, nella scuola, nell’economia, nelle opere caritative e di promozione sociale.”
L’altra condizione riguarda l’amore alla Chiesa. Il Movimento può avere respiro ideale solo se rimane nella piena comunione con la Chiesa e con il Papa. Il carisma necessita dell’Istituzione ecclesiale e l’Istituzione abbisogna del carisma. Questa è la dialettica cattolica che si fonda non sull’antitesi ma sull’osmosi tra due poli complementari.
Da ultimo nel discorso del Papa è risuonato un invito, personale e coinvolgente, il quale rivela anche una certa “solitudine” del Papa nella Chiesa italiana. Francesco ha chiesto esplicitamente a Cl di accompagnarlo, di sostenerlo nel suo pontificato, di non lasciarlo solo.
“Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace – Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa davvero, lo dico davvero: mi spaventa –; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria. Non rimanere fermi.”
Si tratta di un invito particolare, di un attestato di stima da parte del Papa. Comunione e Liberazione è chiamata a collaborare ad una triplice azione “profetica” del pontificato, ad impegnarsi nella lotta per la pace in Ucraina; in quella per l’aiuto, materiale e spirituale, verso i poveri e gli emarginati; in quella di valorizzare il senso religioso come luogo di dialogo e di pace tra i popoli del mondo. Si tratta di azioni profetiche animate dalla presenza del Dio di Misericordia. La crisi di Cl, come di tanti movimenti ed associazioni oggi, può essere una grande occasione di crescita. Il Papa sabato ha dimostrato tutta la sua paternità ad una realtà che tanto ha dato alla Chiesa e tanto può dare oggi. La folla festante e composta di piazza San Pietro, toccante nei suoi canti e nelle due splendide testimonianze dell’africana Rose di Kampala e della marocchina Hassina, ha corrisposto a questa paternità. Ha compreso la tenerezza del Padre e il compito che le è assegnato.