“Filosofo del popolo”: il ricordo di Alberto Methol Ferré su L’Osservatore Romano

Gli amici che seguono il blog sanno quanto grande sia la mia considerazione per Alberto Methol Ferré, grande filosofo ed intellettuale uruguayano, sia per l’amicizia di cui mi ha onorato sia per il riconoscimento dell’eminente ruolo intellettuale da lui giocato nel contesto del continente latinoamericano. Giovedì 12 dicembre L’Osservatore Romano ha pubblicato un profilo a mia firma a dieci anni dalla scomparsa.

L’Osservatore Romano, giovedì 12 dicembre 2019, p. 5

Filosofo del popolo

A dieci anni dalla scomparsa di Alberto Methol Ferré

di Massimo Borghesi

Sono  trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Alberto Methol Ferré (1929-2009), uruguayano di Montevideo, uno dei maggiori, forse il maggiore tra gli intellettuali cattolici latino-americani contemporanei. Fondatore di riviste — «Nexo» (1955), «Vispera» (1967) — consulente del Celam, la Conferenza episcopale latino-americana, è stato autore di numerosi saggi e volumi. Due tra questi sono apparsi in italiano: Il Risorgimento Cattolico Latinoamericano (Cseo Incontri, 1983) e la densa intervista che Alver Metalli ha raccolto nel 2006, pubblicata da Marietti, e, in una nuova edizione da Cantagalli nel 2014,  con una prefazione di Guzmán Carriquiry e una premessa dello stesso Metalli: Jorge Mario Bergoglio e Alberto Methol Ferré: affinità elettive di un Papa e di un filosofo del Rio de la Plata.

In essa l’intervistatore ricostruisce in modo preciso le tappe di un rapporto personale e ideale, tra il giovane Jorge Mario Bergoglio responsabile dei gesuiti argentini, divenuto poi arcivescovo di Buenos Aires, e l’intellettuale cattolico uruguayano. Entrambi condividevano la stima per il gesuita francese Gaston Fessard, per una visione polare del cattolicesimo inteso come coincidentia oppositorum.  Ciò che colpiva Bergoglio era, da un lato, lo sguardo “storico” di Methol, la sua capacità di delineare grandi scenari geo-politici e spirituali e, dall’altro, la sua passione per la Chiesa incarnata dentro le pieghe della storia, una Chiesa “popolare” non subalterna ai disegni egemonici dei poteri mondiali e delle élites secolarizzate. Donde la vicinanza, sua e di Methol Ferré,  alla “teologia del popolo” della Scuola del Rio de la Plata, la versione argentina, non marxista, della teologia della liberazione di Lucio Gera, Gerardo Farrel, Juan Carlos Scannone, autori sensibili ai temi della religiosità popolare, dei poveri, della cultura e della storia latinoamericana. Temi cari anche a Bergoglio il quale poteva incontrare in Methol un autore che «ci ha aiutati a pensare». Nell’intervista tutto ciò emerge con grande evidenza. Lo sguardo sulla realtà, l’attenzione alle risposte che il tempo attuale richiede alla fede, il rapporto tra la posizione cristiana e la modernità, sono altrettanti punti che documentano un pensiero “cattolico” raro. Raro in America Latina come in Europa.

Il primo punto è che il pensiero cristiano se vuol essere tale, radicato nell’Incarnazione, non può che essere storico. In ciò Methol accettava pienamente la sfida del pensiero laico per il quale, a fronte della perdita della storia propria del pensiero cattolico moderno, la superiorità di una prospettiva si dimostra nella sua capacità di interpretare la storia. Suoi modelli erano tre politologi americani e un filosofo italiano: Francis Fukuyama, Samuel Huntington, Zbigniew Brzeziński e Augusto Del Noce.

Pensare la storia è pensarla “cattolicamente” come totalità, come sinergia di popoli e di Stati, come dislocazione mondiale della Chiesa. Questo orizzonte globale, ed è il secondo punto, va compreso nell’ottica di un realismo storico che sarebbe più opportuno chiamare ideal-realismo. Il fattore ideale si innesta nei movimenti reali, tiene conto dei poteri reali. Ciò significa che tanto la politica quanto la Chiesa devono misurare non solo gli ideali, o le ideologie, ma anche l’equilibrio tra le potenze. Da qui l’impegno, da sempre, per l’unità, anche economica (Mercosur), dell’America Latina per arginare lo strapotere degli Usa. Una confederazione degli Stati del Sud America fondata sull’equilibrio tra i Paesi ispanici, guidati dall’Argentina, e il gigante di lingua portoghese, il Brasile. Da essa ne avrebbe tratto rilievo e vantaggio la stessa Chiesa cattolica.

L’ideal-realismo, ed è un terzo punto del pensiero di Methol, si muove nella tensione tra particolare e universale, tra le singole nazioni e le confederazioni tra Stati, tra gli Stati e i popoli. Ciò lo porta a privilegiare i governi nazional-popolari ma non il populismo nazionalistico. Il popolarismo, ed è un quarto punto, deve incontrarsi con il liberalismo, non quello della destra economico-politica, ma quello autentico dei diritti e delle libertà. Methol, che aveva perso il lavoro per la sua opposizione alla dittatura militare in Uruguay, questo lo sapeva bene. Il modello da lui proposto era quello della democrazia cristiana, un paradigma che trovava il suo autore di riferimento in Maritain, colui che aveva permesso ai cattolici latino-americani di comprendere il valore della democrazia moderna liberandoli dalle suggestioni integraliste e reazionarie.

La riflessione di Methol convergeva, in tal modo, ed è il quinto punto, quello teologicamente più rilevante, nella puntualizzazione dell’importanza del Vaticano II come risolutore del contrasto tra cristianesimo e modernità. Le pagine dell’intervista con Metalli dedicate al concilio sono tra le più illuminanti del testo.  In esse emerge con chiarezza l’originale impostazione di Methol Ferré, lo spessore di un pensatore cattolico che comprende bene come il concilio abbia permesso ai cattolici di abitare la modernità, valorizzandone le «verità impazzite», come affermava un autore da lui molto amato, Chesterton, senza cedere alle ideologie moderniste. Com’egli afferma: «Con il concilio la Chiesa trascende tanto la riforma protestante quanto l’illuminismo secolare. Li supera, nel senso che assume il meglio dell’uno e dell’altro. Possiamo anche dire così: ricrea una nuova riforma e un nuovo illuminismo. Che erano poi le due grandi questioni rimaste irrisolte, con cui i conti non erano mai stati veramente chiusi. Con il concilio, la riforma e l’illuminismo diventano finalmente un passato, perdono sostanza e ragion d’essere, e realizzano il meglio di se stessi nell’intimità cattolica della Chiesa. La Chiesa, all’assimilarli, li abroga in quanto avversari e ne raccoglie la potenza costruttiva». È la stessa prospettiva che sorregge la lettura del rapporto tra cristianesimo e modernità che Joseph Ratzinger, da teologo e da Papa, ha offerto in più occasioni. Una prospettiva che spiega la sintonia di Methol Ferrè con Benedetto XVI. Methol, venuto a mancare nel 2009, non poteva certo prevedere che il suo amico Bergoglio sarebbe divenuto Papa. In lui avrebbe certamente trovato, con grande gioia, la realizzazione, nel cuore della Chiesa, di quegli ideali che lo avevano guidato in tutta la sua vita.

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