“Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon ed ospedale da campo”, recensione di Pippo Emmolo

Pubblico con piacere la recensione di Pippo Emmolo al mio volume “Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon ed ospedale da campo” (Jaca Book 2021), apparsa su «Linea Tempo», 29 (2022) con il titolo: “Per comprendere il Papa della misericordia” (pp. 91-95).

Emmolo è collaboratore di «Linea Tempo» e de «ilsussidiario.net».

 

Lineatempo, aprile 2022, Per comprendere il papa della misericordia. Recensione di Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo» di Massimo Borghesi (Giuseppe Emmolo)

Premessa

Il volume di Massimo Borghesi, Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo», Jaca Book, Milano 2021, pp. 269 rappresenta un contributo di grande chiarezza sul pontificato di papa Francesco.

Col suo primo lavoro Jorge M. Bergoglio. Una biografia intellettuale, Jaca book, Milano 2017, pp. 300 Borghesi aveva preso in esame le critiche “culturali” rivolte al papa, dimostrando la solida formazione filosofica di Bergoglio e come il suo pensiero teologico sia ben radicato nella tradizione della Chiesa e dei Padri. Con questa sua seconda fatica, l’Autore ci svela l’anima e la profezia di questo papato: «Papa Francesco annuncia un cattolicesimo che non si concepisce come morale. Non sposa acriticamente la modernità, ma orienta la Chiesa a un atteggiamento di non belligeranza verso di essa, che è poi quello che le ha permesso di fecondare la cultura del proprio tempo senza sottomettervisi» (I. Scaramuzzi, Papa Francesco e l’opposizione americana, https://gliasinirivista.org,20-10-2019).

Il saggio, tuttavia, è incentrato sulle dimensioni più appariscenti di questo papato, quello cioè di essere “missionario e sociale”. A fine lettura potrà sembrare che nella personalità di Bergoglio siano queste le dimensioni più rilevanti, ma in realtà esse documentano il binario storico sul quale si è strutturato il suo vero carisma: essere il papa della misericordia e della tenerezza, oggetto della interessantissima parte finale del saggio.

Sta qui l’origine di tutte le incomprensioni su Bergoglio, perché la nostra è un’epoca che, se pure ha fame e sete di “vedere” fatti e gesti di misericordia, fatica a riconoscerla, confondendola con il buonismo e la remissività smidollata. Almeno sembra questa l’interpretazione più plausibile, stante anche il parere di papa Ratzinger: «Papa Francesco si trova del tutto in accordo con la linea della misericordia, sempre più centrale e dominante già in Giovanni PaoIo II. È la misericordia che ci muove verso Dio […] Sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia, l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite. Egli è in attesa della misericordia» (Benedetto XVI, È la misericordia che ci muove verso Dio, Intervista a Jacques Servais, «Vatican insider» 2016).

Bisogna comunque considerare che se molti non si sono riconosciuti in questo papato, ciò è dipeso anche dal contesto cultural-politico fortemente ideologizzato e condizionato dalle ripetute crisi del processo di globalizzazione liberaldemocratica nel mondo, con l’insorgere di sovranismi e rigurgiti identitari.

Si è potuto così giungere a giudizi di questo tipo: «Francamente questo papa non lo capisco, quanto dice è al di fuori di ogni comprensione razionale… E la sua visione è quella sudamericana del giustizialismo peronista, che non ha nulla a che vedere con la tradizione occidentale delle libertà politiche. […] Il papa riflette tutti i pregiudizi verso l’America del Nord, verso il mercato, le libertà, il capitalismo». (Bergoglio vuol fare politica. Il Vangelo non c’entra nulla, Intervista a Marcello Pera, «Il Mattino» 2017). A parlare così è stato Marcello Pera, accademico, filosofo ed ex senatore della Repubblica, il cui severo giudizio, tuttavia, risentiva in quel frangente della preoccupazione per il contesto di vero odio verso l’Occidente sollevato dall’ideologia islamista e dal terrorismo (cfr. attentati al Bataclan 2015, di Nizza 2016, e delle Ramblas di Barcellona 2017)

Americanismo cattolico e movimento teocon

Borghesi passa perciò a descrivere uno degli orientamenti cultural-politici che più hanno favorito questa incomprensione della prospettiva complessiva di papa Francesco: si tratta del fenomeno del movimento teocon e dell’“americanismo cattolico”. Dopo il disfacimento del blocco comunista nasce infatti negli Usa la corrente dei Neoconservative, detta anche dei teo-con, ovvero una fucina di intellettuali delusi dalla sinistra e dalla politica del partito democratico. I protagonisti principali dei teocon americani sono Michael Novak poi George Weigel e Richard John Neuhaus.

Leader indiscusso è Michael Novak (un personaggio con ben 27 lauree honoris causa!) che nella sua opera fondamentale (Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo, Edizioni-Studium, Roma 1987), esalta oltremisura il modello economico liberista e non ne vede i limiti quali la mercificazione, l’alienazione, il materialismo, il consumismo! Invita inoltre ad accettare il mondo così com’è, fuori da ogni desiderio di cambiamento: «La dottrina dell’incarnazione ci insegna a ridurre le nostre più nobili aspettative, e ad amare intanto il mondo com’è» (ibidem).

Egli crede che il capitalismo sia un modello basato su valori liberali coincidenti con quelli cristiani. Siamo ad una visione che gli addetti ai lavori etichettano come teodicea dell’economia cioè come una prospettiva in cui Dio finisce per benedire il capitalismo. Più giustamente forse bisognerebbe parlare di una forma di neo-pelagianesimo nel senso che finisce per benedire il senso di intrapresa dell’uomo che si fa da solo, così come nel vecchio calvinismo l’uomo glorificava Dio con il lavoro delle proprie mani, avendo successo nel mondo.

Il pensiero teocon ha cercato una stretta alleanza col magistero cattolico, ma per arrivarvi ha “dovuto” stravolgere diverse encicliche sociali, dalla Centesimus annus di Giovanni Paolo II alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, fatte passare come manifesti di una conciliazione tra cattolicesimo e capitalismo (da qui la definizione che Borghesi utilizza per questa corrente, il catto-capitalismo), laddove i due papi criticavano il new capitalism!

La stessa deformazione si è verificata nei confronti della Laudato si’, l’enciclica sul creato, che pur essendo uno sviluppo della dottrina innestata comunque sulla stessa lunghezza d’onda dei documenti dei predecessori, è stata squalificata perché impossibile da conciliare con il cattocapitalismo.

Lo scopo di tutto questo? Far passare Papa Francesco come il papa della “rottura” con la tradizione.

Il problema, sottolinea Borghesi, è che, caduto il muro di Berlino (1989) e dissoltasi l’Urss comunista (1991), la pax americana, con il suo new capitalism destinato a produrre pace e prosperità progressive nell’intero mondo globalizzato, non è stata però capace di mantenere la sua promessa: si è manifestata così l’amara realtà che il capitalismo non porta la pace sulla terra!

Anzi, possiamo dire che da allora l’umanità ha registrato una terza guerra mondiale a pezzi così come oggi è diventato palese con il conflitto russo-ucraino!

Sarà proprio la Fratelli tutti di Francesco, l’enciclica sulla fraternità (3 ottobre 2020) a denunciare l’utopia secondo cui il new capitalism plasmerebbe un mondo nuovo.

È per questo che la Fratelli tutti è stata, dai teocon, tacciata di filantropismo, quando essa muove invece dallo stesso spirito che diede vita alla Pacem in Terris di Giovanni XXIII; unica differenza il fatto che oggi, rispetto al tempo della guerra fredda, siamo «davanti a un mondo dilaniato dai nazionalismi e dai sovranismi» (L. Accattoli, Mia conferenza da remoto sull’enciclica “Fratelli tutti www.luigiaccattoli.it, 15.10.2020).

Così i seguaci italiani dei teocon hanno espresso commenti radicalmente critici (cfr E. Gotti Tedeschi, Fratelli tutti. Non san Francesco, ma utopia di Tommaso Moro, «Stilum curiae», 2020). Riccardo Cascioli, il direttore de «La Nuova Bussola Quotidiana» che definisce l’enciclica “un manifesto socialisteggiante” e non si accorge di rivolgere a Papa Francesco le stesse critiche che nel 1986 furono rivolte a Giovanni Paolo II in occasione dell’incontro delle religioni ad Assisi (cfr. Fratelli tutti, visione opposta a Giovanni Paolo II, 6.10 2020).

Siamo nel periodo della presidenza Trump per cui l’americanismo cattolico diventa antibergogliano in nome di un teo-populismo per il quale Trump assurge addirittura a defensor fidei: «all’interno della Chiesa ha preso corpo un cattolicesimo quasi separato. Tollerato prima che venisse eletto J.M. Bergoglio, adesso in odore di eresia. È pronto allo scisma» (M. Faggioli, Il cattolico Biden non potrà sanare lo scisma morbido in atto negli Usa, www.huffingtonpost.it 17-11-2020).

Il movimento teocon italiano

Borghesi svolge poi un’ampia analisi di come il movimento americano dei teocon (teologi conservatori) abbia ispirato o influenzato anche un folto gruppo di intellettuali italiani, delusi della sinistra e della cultura laica progressista, i cosiddetti «atei devoti».

Marcello Pera con Giuliano Ferrara, Ernesto Galli della Loggia, Gaetano Quagliariello, Ferdinando Adornato, Angelo Panebianco e altri erano convinti che fosse possibile vivere i valori del cristianesimo, “etsi Deus non daretur”, anche se Dio non ci fosse.

Questa area culturale si è distinta per la sincera collaborazione col mondo ecclesiale italiano, al tempo della presidenza CEI del cardinale Ruini, condividendo battaglie contro il laicismo (aborto e L. 40). Essi avvertivano la gravità della minaccia islamista dopo l’11 settembre e si rendevano conto dei limiti della cultura relativista; per questo hanno appoggiato la guerra di Bush contro Saddam (2003/2004) ma soprattutto volevano costruire una religione civile capace di unire laici e credenti (cfr. M. Pera, Il relativismo, il cristianesimo e l’Occidente, in M. Pera – J. Ratzinger, Senza Radici. Europa, relativismo, islam, Mondadori, Milano 2004).

Rilevante è stato il ruolo di Giuliano Ferrara, il direttore de Il Foglio, che col suo giornale sarà il paladino dell’ideologia teocon in Italia, diventando il punto di riferimento per la nuova destra cattolica filoamericana. Giuliano Ferrara, come Pera, è poi un grande estimatore di Benedetto XVI e dello esprit de finesse di questi più che del Vangelo in quanto tale, da lui una volta definito come una “santa e sublime filastrocca, libro bellissimo e selvaggio, memoriale misterioso e confuso” (G. Ferrara, La sposa infedele, «Il Foglio» 21-09-2013).

Borghesi afferma che nel complesso il risultato della stagione teocon è stato quello di “impiantare” nella coscienza dei cattolici l’agenda etica come antidoto al relativismo, con un giudizio forse un po’ tranchant, in considerazione del fatto che tanti sono i fattori per cui nella Chiesa attuale l’Annuncio (il kerigma) non sembra una “priorità” rispetto ai “valori”: ad esempio c’è da tener conto della privatizzazione della fede conseguente al primato dell’economia nella vita delle persone e soprattutto del fatto che la tradizione non costituisce più il motivo esistenziale di adesione al fatto cristiano (cfr. H.U. von Balthasar-L. Giussani, L’impegno del cristiano nel mondo, ed. Jaca Book, Milano 2017).

Interessante è la conclusione di borghesi su questa stagione di intrecci tra la Chiesa e i teocon: l’avvento di papa Francesco ha segnato una netta svolta, nel senso che egli «non sta cercando di cacciare i cattolici conservatori dalla Chiesa. Ma ha fermato decisamente i loro sforzi per espellere tutti gli altri»(C. Kaveny, First Things First, «Commonweal 27-01-2016).

La Chiesa ereditata da Francesco

In effetti dopo la svolta dell’89 la Chiesa è passata progressivamente dal cattolicesimo militante di Giovanni Paolo II ad un cattolicesimo tendenzialmente autoreferenziale, che si è chiuso in sé stesso. Borghesi sostiene che come la prospettiva genericamente cattocomunista ha influenzato profondamente la mentalità del mondo cattolico negli anni ’70, così a cavallo del secolo gran parte del mondo cattolico è finito sotto l’influenza di una prospettiva di destra liberal capitalista.

Non pochi sono stati infatti i cattolici che hanno scambiato per pacifismo utopico il realismo di papa Wojtyla, quando prese chiaramente posizione contro la guerra in Iraq! Perfino settimanali cattolici come «Tempi» mostrarono di essere influenzati dalle posizioni teocon, schierandosi con l’America “cristiana” di Bush nell’intento di conciliare l’alto richiamo morale del Papa con l’approvazione della guerra “giusta” degli USA.

Secondo Borghesi buona parte del mondo cattolico nell’ultimo trentennio ha lentamente assimilato una prospettiva cultural-politica «conservativa»: alla ricerca di ordine, certezze morali, avversari certi, chiari confini. E ciò che è più grave per il nostro autore è che così il cattolicesimo rischia di perdere la sua caratterizzazione di essere senza patria in questo mondo, cioè irriducibile a qualunque ideologia.

L’amore per una patria, ovvero il rischio di confondere una visione di fede con una posizione culturale conduce poi a risentire seriamente degli effetti della secolarizzazione.

E qui la proposta di Bergoglio si fa interessante, egli infatti non riconduce la secolarizzazione al semplice sviluppo di un modello economico, ma anche alla distanza tra vescovi e clero e tra clero e popolo. Più volte il papa ha affermato che la malattia del cristianesimo contemporaneo è il clericalismo.

Ciò che manca in questo clericalismo etico, espressione di una “mondanità spirituale”, è propriamente Cristo. Il ché spiega perché la Chiesa viva il suo esser minoranza come fortezza assediata.

Per disincagliare la Chiesa da questo suo attuale limite, Bergoglio in tutti i suoi interventi ricorre quindi alla teoria della polarità degli opposti, di ispirazione guardiniana, che si oppone alla dialettica amico-nemico, dominante nello scenario contemporaneo.

Il papa fonda la sua visione sulla distinzione tra “opposizione” e “contraddizione”. Questa distinzione è necessaria per salvaguardare la complessità del reale, in quanto tener conto delle polarità delle opposizioni permette di superare le unilateralità delle contrapposizioni: le differenze possono coesistere all’interno di un’unità più grande, che è poliedrica!

Così quando Francesco sostiene che un pensiero per esser “aperto” deve essere “incompleto” lo fa riferendosi alla polarità degli opposti: «Un pensiero fecondo dovrebbe essere sempre incompleto per dare spazio a sviluppi successivi» (Papa Francesco, Ritorniamo a sognare, In conversazione con Austen Ivereigh, Gedi –Piemme, Roma 2020). È un sentire, questo, di Bergoglio, che coincide con la lezione peguyniana: «C’è qualcosa di peggio dell’avere un pensiero cattivo. È avere un pensiero bell’ e fatto» (Peguy, Il fazzoletto di Véronique, ed. Cantagalli, Lugano–Siena, p. 559).

Da qui l’invito di Francesco alla politica ad essere servizio e composizione degli interessi: «Il pensiero aperto di papa Francesco presuppone l’idea dell’altro nell’io, nella complementarietà» (F. Occhetta-M. Cartabia, Ricostruiamo la politica, Edizioni San Paolo, Cinisello B. 2019).

Alla Chiesa oggi occorre un’autocoscienza centrata sulla misericordia, una Chiesa come “ospedale da campo”, non autoreferenziale: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare i cuori dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia» (Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, «La Civiltà Cattolica»- Rizzoli «Corriere della Sera», Milano 2013).

Il carisma di papa Francesco

Bergoglio cerca di mostrare che il cuore dell’annuncio cristiano è la misericordia e la tenerezza di Dio. Di misericordia ha urgente bisogno soprattutto la Chiesa: quando non si riconosce più che si è mendicanti dell’essere, si finisce per identificarsi nei “giusti”, perdendo il realismo dell’umiltà: «Come t’è picciol fallo amaro morso», (Dante, Purg., Canto III).

L’idea di Chiesa come “ospedale da campo” nasce in Bergoglio dall’esperienza pastorale fatta a Buenos Aires, accanto al «popolo della strada: senzatetto, disoccupati, tossici, migranti in attesa di essere reclutati da caporali schiavisti. E soprattutto prostitute: una folla di ragazze spesso minorenni si vende fin dal primo mattino» (S.Perez, Bergoglio, in S. Perez-L. Scaraffia, Francesco. Il papa americano, Vita e Pensiero, Milano 2017). Da questa esperienza nascono le villas de emergentia: un piano di risposte ai bisogni della gente. Una delle più attive di queste villas , ha fatto registrare nell’arco di 13 anni la costruzione «di ben 15 cappelle, un liceo, una scuola aziendale, una scuola materna, una casa di riposo, varie mense per i poveri, programmi di prevenzione della droga, un centro di recupero, due fattorie per la riabilitazione e il lavoro dei tossicodipendenti, un quotidiano e una radio» (A. Ivereigh, Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio, Mondadori, 2014). È un bell’esempio di quel che papa Francesco intende per missione nelle “periferie”: un modello valido anche per il “centro” della Chiesa: dalle bidonvilles africane alle banlieu parigine. La Chiesa -ospedale da campo- è là ove urgono le emergenze educative, occupazionali, familiari.

Del carisma della misericordia di Francesco fa parte la teologia della tenerezza (cfr. cap. 3.3).

La tenerezza qui non ha nulla a che fare con la dilagante riduzione sentimentale e spiritualista per cui l’Amore sostituisce Cristo e Dio non sarebbe amore ma l’Amore è Dio.

Cristianesimo, cristianità e cristianisti

Il cattolicesimo attuale deve riscoprire sé stesso in un contesto nuovo. In un discorso alla Curia romana Bergoglio avverte: «Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Non siamo più in un regime di cristianità, perché la fede non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata» (21.12. 2019).

Di contro alla proposta di papa Francesco cresce però anche un’altra prospettiva, decisamente inquietante per Borghesi: «Un nuovo genere di cristiani s’aggira per l’Europa. Sono i cristianisti. Hanno il piglio del cattolico da combattimento. Basta chiacchiere ecumeniche, occorre una identità forte. Si sentono minoranza. In politica stanno di preferenza col centrodestra, in economia ultraliberisti» (Lucio Brunelli, Cattolici e guerra: una nuova setta. Ecco i cristianisti, «Vita» 26-10-2001). Tuttavia, nota l’autore, l’Europa cristiana non è nata da gente che voleva costruire una civiltà cristiana, ma «da persone che credevano in Cristo, non nel cristianesimo » (R. Brague, Il futuro dell’Occidente, Rusconi, Milano 1998).

Conclusione

Francesco va compreso come il papa della misericordia. «Come si comporta il Mistero infinito con noi? Comprendendo e perdonando tutto. Ma questo Suo essere buono con tutti fa scoppiare i nostri pensieri…» (L. Giussani, Generare Tracce nella storia del mondo, Rizzoli, Milano 1998). La mentalità del mondo vede nella misericordia al massimo una filantropia (sentimento) o una forma di volontariato (volontarismo): in entrambi i casi si tratta di spirito pelagiano, di sublimazione che porta a un “vanto” o a un “merito” o a un sentirsi “giusti”! Ma il “pelagiano” al massimo è «un ateo devoto», il cristiano invece è un «devoto» della grazia che salva dal male e dalla morte!

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