Il dossier Viganò indurrà la chiesa a sprofondare nel moralismo

Giovedì 6 settembre il quotidiano Il Foglio ha pubblicato un mio contributo sul dossier Viganò, il secondo attacco di rilievo internazionale a papa Francesco dopo quello relativo ad Amoris Laetitia. Gli abbonati al Foglio lo trovano su https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/09/06/news/il-dossier-vigano-indurra-la-chiesa-a-sprofondare-nel-moralismo-212535/, ne riporto qui i contenuti.

 

La geometrica potenza con cui il documento Viganò ha colpito il Papa, nel giorno in cui parlava all’incontro mondiale delle famiglie a Dublino, è stata abbondantemente rilevata dai commentatori. Francesco parlava della sporcizia nella Chiesa, chiedeva perdono per i misfatti vergognosi del clero ed ecco una lettera che lo coinvolgeva, assieme ai papi precedenti, come se lui stesso fosse corresponsabile della piaga con i suoi silenzi ed omissioni. La regia del vaticanista Marco Tosatti, il “rifinitore” del dossier Viganò, è stata perfetta. Gli oppositori del Papa non sono candidi agnelli. Da vecchie volpi sanno come usare i media. Le critiche devono risultare esplosive, dilaceranti, generare caos in nome della verità, mettere il gregge contro il pastore. Con il dossier Viganò, la cui eco è forte negli USA più che in Europa, siamo alla “seconda spallata” contro Francesco. La prima è stata in occasione della pubblicazione della Esortazione apostolica Amoris laetitia nel 2016. Allora l’opposizione sotterranea verso il Papa venne alla luce e si concentrò su una piccola nota – quella sulla possibilità di dare l’eucarestia, a certe precise condizioni, ai divorziati risposati – per contestare l’ortodossia del Papa in materia di matrimonio. I “dubia” di 4 cardinali fecero il giro del mondo, i tradizionalisti chiesero l’impeachment del Pontefice, una marea nera sembrava travolgere Bergoglio. Poi le accuse si sono rivelate per quelle che erano, un fuoco di paglia. Il Papa non ha modificato in nulla la dottrina sull’indissolubilità del matrimonio.

Così la prima metà del 2018 è stata contrassegnata da una relativa calma. Poi il dossier Viganò ed ecco Francesco di nuovo sotto il fuoco dei riflettori per colpe che risalgono a ben prima del suo pontificato. Questa gioco intermittente, che usa argomenti diversi nel tentativo sistematico di delegittimare il Papa, rivela una regia ed una strategia. In Italia i suoi terminali sono dati da Sandro Magister, con il suo blog multilingue per L’Espresso, Marco Tosatti, Aldo Maria Valli, La Nuova Bussola Quotidiana, Corrispondenza Romana.

A parte Magister si tratta di piccoli blogs, quantunque molto attivi.

In realtà la loro risonanza è significativa perché sono i punti terminali di un’onda profondamente conservatrice, ai limiti del tradizionalismo, che proviene da oltreoceano. Essa investe la Chiesa statunitense, quella che negli ultimi 40 non si era accorta di nulla riguardo agli abusi sessuali del clero ed ora, d’improvviso, si sveglia e non trova di meglio da fare che riversare sul Papa la responsabilità delle proprie colpe. Quella Chiesa, con significative eccezioni, si oppone al Papa, non lo ama e cerca ogni pretesto per criticarlo. E questo non solo perché è “latinoamericano”, ma essenzialmente, perché nell’ottica missionaria scelta dal papato la posizione dei cultural warriors, dei guerrieri culturali, diffusa nella Chiesa USA, viene radicalmente messa in discussione. A questa posizione ecclesiale si somma poi l’orientamento liberal del mondo economico, fortemente disturbato dalle critiche al capitalismo contenute in Evangelii gaudium, e quello del mondo politico americano ostile alla visione universalizzante del papato. L’orientamento della Chiesa si salda, così, al potere politico e a quello economico. Donde un blocco di potere enorme che, in questo momento, lavora alla delegittimazione di Francesco. Massimo Introvigne ne ha offerto un quadro preciso in un articolo su “Il Mattino”: Progressisti e ratzingeriani delusi: ecco chi sono tutti i «nemici» di papa Francesco. La curvatura politica di quanto sta accadendo è bene testimoniata dal luogo in cui è stato pubblicato il dossier Viganò: “La Verità” di Maurizio Belpietro, il giornale più a destra in Italia in questo momento. Non propriamente una sede neutrale. I critici del Papa si difendono, in questo caso, affermando che non la sede è significativa, né la possibile strumentalità o i risentimenti che hanno portato mons. Viganò a pubblicare il suo testo, quanto la verità o meno di quanto asserisce sulla pedofilia nella Chiesa.

L’argomentazione è però debole, non credibile. Anche il marxismo conteneva molte verità, ma questo non lo rende accettabile. Se lo scopo di mons. Viganò era di concorrere alla pulizia nella Chiesa questa non è la strada. Il vero scopo è, in realtà, il finale della sua lettera: la richiesta di dimissioni del Papa. Una cosa enorme che presuppone colpe gravissime. Viganò non vuole la riforma della Chiesa, vuole la caduta del Papa! Il resto è palesemente strumentale a questo obiettivo. Il risultato, al momento, è un empasse, un tentativo di bloccare l’azione riformatrice di Francesco. Come bene ha scritto Giuliano Ferrara: «L’impressione è che ormai tutto sia, come si dice con orrendo termine, “mediatizzato”, che amici e nemici del Papa si servano della comunicazione per ricominciare il gioco assurdo che portò quel grande Papa teologo, mite, protocollare, di stile rinascimentale, alla Renuntiatio. Le questioni di dottrina, di pastorale, di evangelizzazione, di etica pubblica e di libertà di culto e culturale passano regolarmente in secondo piano, la Chiesa è ovunque sulla difensiva, è costretta ad arroccarsi e a partecipare al processo mondano contro i preti, che come categoria, categoria maschile celibe, sono additati, in una spietata e falsa generalizzazione, al disprezzo etico e morale pubblico. Chi tra i giornalisti e i mentori del nuovo corso postratzingeriano ha favorito la trasformazione della Chiesa in un’agenzia di comunicazione non ha interesse oggi a difendere il papato popolare, amabile, misericordioso e vicino al cuore d’amore del secolo. Lo lasciano affondare. Chi aveva dei dubbi, come me, è invece preoccupato» (Ridatemi una Chiesa meno mediatica e più chiesa, “Panorama”, 30 agosto 2018 ). Per Ferrara: «Nessuno oggi nella Chiesa è in grado di sfuggire alla gogna o alla minaccia della gogna. La paura regna sovrana. E non è una questione di carriere ecclesiastiche. È la libertà di una società pluralista che viene messa a sacco, come quando furono distrutti i templi e le tombe cristiane nel corso della Rivoluzione francese, attraverso l’insinuazione di una connaturale tendenza all’abuso e alla pedofilia come flagello collegato alla natura del sacerdozio. Non so, vorrei una Chiesa capace di stupire, di riesporsi e reinventarsi senza dilaniarsi nel mea culpa verboso e inconcludente, capace di rinnovarsi nei fatti senza cedere alla tentazione di fare della tolleranza zero, caratteristica già discutibile della sicurezza in ambito secolare, un nuovo nucleo del suo pensiero e della sua presenza. Prediche, non inquisizioni in pubblico e autodafè, di questo eventualmente i laici veri avrebbero bisogno».

Le osservazioni di Ferrara colpiscono per la loro lucidità e per la capacità di intuire il punto della questione. Non si tratta, ovviamente, di declassare il problema della pedofilia a tema secondario. Nella sua gravità rappresenta la piaga della Chiesa agli albori del terzo millennio. Le sue cause andranno adeguatamente analizzate e i rimedi richiedono disposizioni e cure severe. Il punto è un altro. Come bene dice don Francesco Murana, rivolgendosi a mons. Viganò in una splendida lettera a “L’Unione Sarda”: «In lingua sarda, Lei è un “imboddiosu”: uno che prende una matassa che non è sua e fa nodi al filo; costringendo così la filatrice a perdere tempo nello scioglierli per continuare a tessere… Il lavoro andrà avanti, ma avremo perso tempo grazie all’imboddiosu di turno» (http://www.unionesarda.it/…/la-lettera-del-giorno-caro-mons…).

Il documento Viganò farà perdere tempo alla riforma, anche morale, della Chiesa perché la induce a ripiegarsi su di sé, a rimestare sulle sue miserie, a clericalizzarsi ancor di più, a sprofondare nel moralismo. A conferma di quanto andiamo dicendo vale un articolo che mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, noto per la sua distanza dalla prospettiva del Papa, ha scritto per “La Nuova Bussola quotidiana”, dissociandosi, per quanto possa sembrare inusuale, dalla linea dei novelli inquisitori anti-Francesco. «Non si può negare – scrive mons. Negri – che ci sia una situazione di vero scandalo, nel senso che la manifestazione dell’immoralità è diventata così ovvia e naturale, che il popolo vive una situazione permanente di scandalo. Ed è come se la Chiesa fosse tutta concentrata a parlare di questi scandali, a cercare di chiarirli, di dettagliare. C’è un incredibile dettaglio del male che porta però a una reale alterazione della situazione della Chiesa. Gli scandali della pedofilia, della immoralità del clero, dell’evidentissima presenza nel tessuto della Chiesa di forme di pressione omosessuale sono davanti agli occhi di tutti; però lo scandalo degli scandali è che la Chiesa non parla più di Gesù Cristo. La Chiesa finisce per ridursi a formulare una serie di interventi corretti politicamente, in cui è evidente che non si propone più l’immagine di Gesù Cristo, non si pone più quella presenza inquietante e insieme confortante che la Chiesa deve vivere e comunicare agli uomini di ogni generazione. Il sospetto è che questa attenzione spropositata a situazioni certamente gravi dal punto di vista morale, finiscano per impedire alla Chiesa di tenere fermo il punto. Quale è il punto su cui la Chiesa deve tenere ferma la sua presenza? Che ci sono questi scandali terribili oppure che nonostante tutti questi limiti c’è la presenza di Cristo che salva l’uomo, che riempie la vita dell’uomo di un significato vero e profondo, che apre davanti ad ogni uomo quel sentiero buono della vita di cui parlava in modo indimenticabile papa Benedetto XVI? Se la Chiesa si esaurisce nell’analisi dei suoi mali, o di certi suoi mali, di fronte al male resta sgomenta, perché il male sembra invincibile. Non è una Chiesa che rinnova ogni giorno ad ogni uomo l’esperienza dell’annunzio, che il Signore è risorto ed è con noi, che la vita umana non è perduta, non è neanche spezzata, non è neanche inutile: la vita umana acquista il suo senso profondo, il suo significato profondo per la presenza di Cristo e dalla presenza di Cristo» (http://lanuovabq.it/it/ci-si-purifica-se-si-vive-lannunzio).

Tanto le considerazioni di Ferrara quanto quelle di mons. Negri, dimostrano, nella loro preoccupazione, come il documento Viganò, lungi dal favorire la pulizia nella Chiesa, rischi di giocare un ruolo deviante. Deviante non tanto per la condanna di quanti sono implicati nella pedofilia, un’azione che continuerà con sempre maggior vigore.

Quanto per la prospettiva missionaria, di annuncio del Cristo risorto, di speranza cristiana per i popoli nel tempo del nichilismo. Una Chiesa ripiegata su di sé, concentrata nel leccarsi le ferite, timorosa a causa dei suoi peccati di fronte al mondo, ricattata e costretta ad autogiustificarsi, non ha più la semplicità di offrirsi al mondo nella consapevolezza di essere una povera sgualdrina che deve tutto a Dio e nulla a sé stessa. Il clericalismo, lungi dall’essere superato, ne uscirà rafforzato.

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