La pace di papa Francesco e il multilateralismo, intervista a dissipatio.it

Filippo Romeo del sito internet dissipatio.it mi ha intervistato per fare il punto sul conflitto ucraino nel quadro dello scenario internazionale. Ne riporto il testo (foto manhhai – Ukraine Under Attack: Documenting the Russian Invasion – Week 12 – Flickr)

dissipatio.it, 17 maggio 2022, “La pace di Papa Francesco professa il multilateralismo”. La visione del professor Massimo Borghesi (F. Romeo)

La pandemia Covid 19, unitamente al conflitto in corso – che senz’altro costituisce il tassello più consistente di quella che proprio Papa Bergoglio ha definito «la terza guerra mondiale a pezzi» – rappresentano due accadimenti che hanno impattato notevolmente sullo scenario internazionale, alterandone gli equilibri. In tale contesto, il Pontefice, seppur mediaticamente apparso isolato, è riuscito comunque a fa sentire in maniera potente la sua voce invocando la pace senza cadere “nella trappola” di chi lo voleva porre a supporto di una delle due parti in conflitto. Invocazioni che continuano a risultare scomode in quei settori che, in ambito cattolico, da circa un trentennio, si prodigando strenuamente a far affermare un preciso modello fondato perlopiù sull’identificazione del cattolicesimo con il capitalismo e lo “spirito americano”. Per fare chiarezza sulla posizione della Chiesa di Francesco circa le attuali vicende in corso e comprendere alcune delle maggiori dinamiche che attanagliano il suo pontificato, abbiamo intervistato il Prof. Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia di Perugia, che ha senza indugio affermato che «il mutlipolarismo è condizione della pace» e che l’intento del Papa può trovare soluzione solo se supportato dall’intervento di potenze mediatrici, in primis dall’Europa.

– Papa Bergoglio come colloca la sua chiesa all’interno di questo nuovo scenario geopolitico caratterizzato dal post pandemia e dalla guerra in Ucraina?

Nel caso della pandemia il Papa ha potuto registrare un grande moto di solidarietà che ha visto i Paesi dell’Europa assumere una condivisione comune dei bisogni. È stato un gran bel segnale che sembrava realizzare lo spirito che sta dietro all’enciclica Fratelli tutti. Poi la guerra tra Russia ed Ucraina ha aperto una ferita grave che continua a sanguinare. Il Papa si è opposto in ogni modo a questa guerra che lui – e non solo lui – paventa anche per le possibili complicazioni a livello mondiale. Nel condannare il conflitto all’inizio è parso solo, criticato e silenziato per la sua posizione scomoda coscientemente non allineata pur essendo severa nel condannare l’aggressore e nel sostenere l’aggredito. Ora mi pare che la posizione della Santa Sede trovi in Occidente, in Europa in particolare, orecchie più attente. La Chiesa si pone come luogo di pace di mediazione, professa il multilateralismo e l’equilibrio tra le potenze, si oppone al manicheismo politico-religioso che infiamma negativamente popoli e Stati.

– A parere di autorevoli analisti il conflitto è una guerra tra blocco orientale e blocco occidentale. Tale conflitto, a suo suo avviso, ha messo in crisi l’impianto di Fratelli Tutti con la quale Francesco guardava a oriente?

Certamente l’impianto “multipolare” di Fratelli tutti è stato duramente colpito. La guerra in atto ripropone lo scontro tra Oriente ed Occidente, ci riporta al clima della guerra fredda. Il conflitto però, proprio per le sue conseguenze disastrose che già possiamo misurare, contribuisce a riproporre l’attualità di Fratelli tutti. Al di là di Putin e del suo destino personale la Russia di domani non potrà essere tagliata fuori dall’Europa. L’Occidente non può regalare l’Ucraina alla Russia ma nemmeno la Russia alla Cina. Il multipolarismo è condizione della pace.

– A fronte degli evidenti tentativi di Papa Francesco di intessere un dialogo di pace, sembrerebbe in atto il tentativo da parte del sistema politico e mediatico, di tenerlo lontano dai riflettori o, addirittura, di accusarlo di sostenere una delle due parti in conflitto. A cosa, a suo avviso, è attribuibile tale atteggiamento?

Le accuse al Papa sono pretestuose e chiaramente in malafede da parte degli zelanti occidentalisti i quali invece di preoccuparsi della povera Ucraina sono interessati solo ad usarla per abbattere Putin e per indebolire la Russia. Il Papa guarda al destino dei popoli e alla pace mondiale, non alla geopolitica. Non sta certamente appoggiando la Russia, sta solo cercando uno spiraglio che consenta agli uni e agli altri di arrivare ad un negoziato. Si tratta di un intento che può trovare soluzione solo se è supportato da potenze che si propongono come mediatrici, l’Europa in primis. Il Papa da solo non può fare nulla. Nondimeno la sua voce è risuonata potente in questi due mesi di guerra. I capi di governo in Europa non hanno potuto non sentirla.

– In uno dei suoi libri più fortunati Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon ed ospedale da campo, edito da Jaca Book, analizza la forte contrapposizione tra il Pontefice e alcuni settori conservatori statunitensi. Potrebbe illustrarci quali sono i principali motivi?

Ci sono importanti settori conservatori e teocon per i quali tutta l’azione del cristiano si concentra nelle culture wars, nelle battaglie culturali contro aborto, matrimoni gay, eutanasia. Battaglie giuste ma che non possono far dimenticare né l’impegno per la giustizia sociale, né quello per una testimonianza cristiana autentica dentro il mondo. Invece gran parte del cattolicesimo americano si rivela troppo “americano”. Può contrastare o meno la deriva liberal dei democratici ma per il resto accetta pienamente la logica del neocapitalismo e nulla dice sulle guerre americane, a cominciare da quella contro l’Iraq del 2003. Per questo non comprendono il Papa. Non accettano la sua critica al capitalismo attuale, l’insistenza sul nesso tra evangelizzazione e promozione umana, il suo privilegiare il dialogo rispetto alla dialettica. Lo accusano di essere un latino-americano che non comprende l’Occidente.

– Qual è lo stato di salute dei rapporti con la chiesa tedesca?

Non proprio idillici. Il Papa accusato dai conservatori di essere un modernista-progressista si trova qui a fronteggiare istanze del Sinodo tedesco che premono verso il matrimonio dei preti e il matrimonio omosessuale. Posizioni che Roma non può accogliere. La Chiesa tedesca, quanto mai agiata data la tassa a cui sono sottoposti tutti i fedeli cattolici in Germania, crede che la risposta alla secolarizzazione e alla fuga dalle Chiese stia nell’adeguarsi al progressismo teologico. Non si interroga se il motivo di tante richieste dei cattolici di non essere più considerati tali non stia proprio nella tassa che, obbligatoriamente, i fedeli devono pagare.

– A suo avviso vi è un concreto pericolo di scisma nella chiesa cattolica?

Non mi pare. Mi sembra che il pericolo sia alle spalle. Il momento veramente critico si è avuto con la pubblicazione di Amoris Laetitia nel 2016. Allora la lettera dei quattro cardinali che chiedevano al Papa di smentire apertamente il contenuto della Esortazione apostolica sulla famiglia è parsa come la premessa di un vero scisma. Oggi tutto questo appare come un lontano ricordo. Di questa reazione a Francesco ne parlo nel mio nuovo libro che uscirà a fine mese presso la Jaca Book: Il dissidio cattolico. La reazione a papa Francesco.

– Quali differenze intercorrono tra l’approccio di Ratzinger verso gli Stati Uniti e quello di Bergoglio?

Benedetto XVI era una papa più “occidentale”, un tedesco che sentiva con gratitudine la liberazione americana dalla dittatura nazista ed è profondamente radicato nella cultura europea. Francesco sente meno, come latino-americano, questo legame occidentale. Appare più proiettato sul mondo, sulle periferie del mondo in particolare. Questo non significa però che sia anti-americano, come gli rimproverano gli occidentalisti. La sua simpatia per l’America è stata chiaramente documentata nel suo viaggio negli USA nel 2015. In esso il Papa ha tessuto l’elogio dei grandi americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day, Thomas Merton.

 

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