La scomparsa di uno spirito libero: Mario Tronti

Domenica 7 agosto è morto, all’età di 92 anni, Mario Tronti. Docente di Filosofia morale e di Filosofia politica all’Università di Siena, è noto per essere stato il teorico del pensiero operaio consacrato nella sua opera Operai e capitale del 1966. Dal 2004 al 2015 è stato presidente della Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato) – Archivio Pietro Ingrao. Senatore del Pd, Tronti ha rappresentato il volto di una sinistra profondamente critica dell’orientamento postmoderno, individualistico e relativistico, che segna la storia del progressismo dopo la caduta del comunismo. La sponda, nel suo caso, non era rappresentata dal neocapitalismo liberal ma dalla dimensione religiosa della vita. Al pari di Pietro Barcellona, Tronti ha rappresentato una sinistra che nel confronto con la fede e la pratica cristiana trovava il suo respiro ideale, la passione per la difesa dei poveri e degli emarginati della storia. Lo chiarisce bene il suo amico Paolo Sorbi in un articolo su «L’Avvenire».

Per ricordare correttamente Mario Tronti dobbiamo ricordare prima di tutto il rapporto che aveva con il mondo cattolico, e specialmente con la realtà dei Piccoli fratelli di Gesù. Negli ultimi anni Tronti aveva voluto approfondire, insieme con me e a alcuni altri, la spiritualità di Charles de Foucauld in rapporto ai poveri. … Tronti, nella sua ricerca culturale e – se mi si permette – anche spirituale e religiosa, aveva compreso l’importanza di un clero che lavori manualmente. Da qui la sua stima per il movimento dei preti operai e per tutto ciò che hanno significato, nel ‘900 e anche oggi, gli eredi di De Foucauld, la sua famiglia spirituale, i Piccoli fratelli e particolarmente la vita di padre René Voillaume.

In Mario il dialogo con il mondo cattolico è stato sempre stato, da che io ne ho memoria – e lo conoscevo da decine di anni –, non soltanto quello di un rapporto di potere politico (che comunque lui non escludeva affatto, come nella fase del compromesso storico): dava molta più importanza alle questioni culturali e teologiche. … Le strade per un ricongiungimento tra Mario Tronti e le tematiche del mondo cattolico maturarono lentamente, non senza contraddizioni, ma nella fase dopo il 1975 divennero esplicite anche per il rapporto che avevamo costruito insieme nelle riviste “Bailamme” e “Laboratorio politico”. In ambedue la figura che nel mondo cattolico interessava di più questi miei amici marxisti era quella del formidabile erudito prete romano don Giuseppe De Luca; Tronti era affascinato dalla figura di questo prete, grande amico di Franco Rodano e di Giuseppe Dossetti.

Come si vede, per Mario Tronti la realtà del mondo cattolico si esprimeva sempre più nella ricerca di una comune umanità a cui lui teneva molto, specialmente in questi ultimi decenni di egemonia della cultura radicale nichilista. Il tema che lo coinvolgeva molto, anche psicologicamente, era proprio quello della frantumazione nella sinistra su un profilo unitario di persona umana, e di una società omogenea a questa persona umana, senza il quale la sinistra non potrà mai, secondo lui e anche secondo me, risorgere con una capacità di programma politico. La tristezza di Tronti nel vedere una sinistra radical-liberale, con la scomparsa di una riflessione personalista e comunitaria, era molto forte.

Scompare questo mio amico in un momento drammatico della situazione italiana e della situazione, vorrei dire, anche europea, con la guerra tra noi. Lui era molto critico su questa guerra, sulle forze che impersonano l’amico e il nemico; aveva partecipato anche alla stesura nel libro che uscirà nel prossimo settembre per le edizioni Belforte di Livorno sui Nodi dell’Occidente. Negli ultimi mesi ci sentivamo raramente, ormai; credo che la ricerca premurosa e silenziosa di Mario sul Vangelo e sulle questioni ultime del nostro destino rimarranno un mistero agli amici, ma aperto alla misericordia del Signore.

Personalmente ci siamo conosciuti ad un Convegno, a Salerno il 28 novembre del 2014, dal titolo “Esperienze di vita e pensieri forti. Dalla crisi dell’Europa a papa Francesco”. Ne parla Antonio Manzo in un suo articolo che commemora il pensatore scomparso.

Moltissimi in queste ore lo stanno ricordando con pagine e pagine di giornali ma noi preferiamo ricordarlo a Salerno nel novembre del 2014, quando partecipò ad un convegno sui pensieri forti e le politiche deboli, nella crisi del novecento e il messaggio quotidiano al mondo del Papa venuto da lontano. Il convegno fu organizzato dall’associazione intitolata alla memoria di Enrico Melchionda e da gruppi cattolici dell’area di Comunione e Liberazione “Cara Beltà” di Aniello Landi. L’importante dialogo su fede e politica ebbe come protagonisti Mario Tronti e Massimo Borghesi, anche lui filosofo e autore dei più recenti libri su Bergoglio, la vita e la teologia del papa venuto da lontano. Organizzatori del convegno furono, oltre Aniello Landi, l’indimenticabile Sabatino Mottola, scomparso per covid e in vita cervello politico “prestato” al Pci salernitano, Franco Siani e Pasquale Serra docente di filosofia all università di Salerno e allievo dello tesso Mario Tronti, autore di un interessante libro su “perché studiare il populismo argentino”. Proprio Mario Tronti, non credente ma molto vicino a comprendere il senso religioso del limite umano, fu uno dei firmatari del cosiddetto “Manifesto dei marxisti ratzingeriani” che tanto clamore aveva suscitato nel mondo politico e intellettuale, oltre che religioso, Mario Tronti, Giuseppe Vacca, presidente dell’istituto Gramsci e il filosofo già deputato pci Pietro Barcellona. Proprio quest’ultimo, filosofo di Catania compì il percorso di conversione dal marxismo al cristianesimo grazie a un sacerdote vicino a Cl come l’indimenticabile don Francesco Ventorino. I pensatori postmarxisti vollero raccogliere l’appello contenuto nei vari messaggi di Benedetto XVI con un manifesto su “l’emergenza antropologica” e avevano anche bollato negativamente il senso vitale del secolo fondato sul relativismo culturale. Tra gli autori anche Paolo Sorbi, sociologo cattolico.

Di quell’incontro, e della cena che ne seguì, ricordo l’umanità di Tronti, i suoi racconti sull’ambiente popolare romano che caratterizzava la sua giovinezza a Roma. Netta era la percezione che il suo essere di sinistra aveva a che fare non, innanzitutto, con una dimensione ideologica ma con la dimensione popolare della vita, con il suo spontaneo essere dalla parte dei poveri. Una opzione che lo portava a confrontarsi con la fede e la trascendenza, con la “sua” versione della teologia politica, di una politica che per essere tale, cioè difesa della persona e del bene comune, non poteva non nutrirsi di religiosità e di testimonianza. Quando l’ho incontrato, nel 2014, avevo già idealmente intrecciato un dialogo con lui, e con l’amico Pasquale Serra, nelle pagine finali del mio volume del 2013 Critica della teologia politica. Un dialogo poi proseguito nel dossier, da me curato per il numero 3(2015) di «Rivista di Politica» di Alessandro Campi, dedicato a «Teologia politica o teologia della politica?». I contributi erano di Mario Tronti, Pasquale Serra, Giovanni Dessì, Luca Castellin, Antonio Allegra, Marco Pacioni. Quello di Tronti recava il titolo Teologia politica contro la dittatura del presente. In seguito, con Serra e Dessì, ci siamo rivisti nel suo studio presso il Senato. Ogni volta la conversazione costituiva uno stimolo ideale, una provocazione umana e ideologico-politica. Che un uomo della sua età conservasse, dietro alla sua riservatezza una passione ideale così accesa era il segno di un’autentica giovinezza dello spirito. Era il segno Dello spirito libero com’era titolata la sua raccolta di saggi editi da «il Saggiatore» nel 2015. Ora che lui non è più lo salutiamo come una delle poche voci libere, in questo tempo arido e drammatico, in cui sete di Dio e impegno per l’umano si saldavano in una sintesi profonda.

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