Limes: «Un testo al quale molto dobbiamo nell’interpretazione di Bergoglio»

“Limes” la rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo, ha analizzato, a più riprese, il pontificato di Bergoglio. L’ultimo numero, “Francesco e lo stato della Chiesa”, è interamente dedicato al Papa. Nella sua introduzione Caracciolo utilizza ampiamente il mio volume “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale” (Jaca Book 2017), come: «testo al quale molto dobbiamo nell’interpretazione del profilo filosofico e geopolitico di Bergoglio». Riportiamo qui le pagine dell’introduzione in questione. In esse si evidenziano i contributi di Gaston Fessard, Amelia Podetti, Alberto Methol Ferré nella formazione di Jorge Mario Bergoglio.

 

Lucio CARACCIOLO, Editoriale di “Limes”, 6/2018, dedicato a Francesco e lo stato della Chiesa. (Le pp. 18-23)

 

Per Bergoglio parla la biografia più degli scritti. Pastore, non teologo, nella parola ama la semplicità e detesta gli intellettualismi. Ciò che induce i suoi critici a bollarlo semplicista, se non proprio ignorante. Nel governo è da sempre accentratore, insofferente di vincoli e protocolli. Asserragliato nel bunker di Santa Marta, appena possibile cerca di scavalcare le Mura leonine, sia in incognito, per qualche ora di libertà, sia per abbracciare il suo sterminato gregge, dal quale trae conforto e coraggio. Soffre la diffidenza degli sdottrineggianti narcisi che pullulano in Vaticano. A costoro si riferisce il suo amico Guzmán Carriquiry Lecour, vicepresidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, quando annota come questi signori «rimangono rinchiusi in una vecchia Europa (…) che oggi non genera nulla»[1]. Peggio: «Sono come quei “dottori della Legge” che si chiedevano se potesse mai venire qualcosa di buono da Nazareth, da un “figlio di falegname”. In questo caso Nazareth indica il Cono Sud del mondo»[2].

Questa è la pista decisiva: attorno alla figura di Francesco si dipana una partita geopolitica, non solo ecclesiale, fra clericalismo occidentalizzato – insieme veteroeuropeo e necostantiniano – e Terza Chiesa “globalizzante”, fra Nord e Sud del mondo, fra Stati Uniti d’America e America latina.

Jorge Mario Bergoglio è visceralmente argentino e latinoamericano, anche se la sua formazione filosofica e teologica, all’ombra colossale di Sant’Ignazio di Loyola, molto deve ai maestri gesuiti francesi e ai classici tedeschi: Hegel su tutti, rivisto alla luce della dialettica antinomica, gesuiticamente aperta di Gaston Fessard, amico di Alexandre Kojève. Né ingannino le origini italiane, il dominio della nostra lingua, che non significano speciale interesse o simpatia per la Penisola, tanto meno per Roma di cui pure è vescovo.

La sua visione del mondo è marcata dalla biografia porteña. Solcata in ambito politico e geopolitico dalla stagione peronista. In particolare quella di Evita e del primo Perón, vicino alla dottrina sociale della Chiesa e alfiere del popolo quale comunità organica, verso il quale Bergoglio provava una forte «affinità culturale»[3]. Uno dei ricordi giovanili che gli sono rimasti più impressi è la strage perpetrata dall’Aviazione argentina il 16 giugno 1955 bombardando in Plaza de Mayo una manifestazione peronista. Furono uccisi oltre trecento civili. Sulle fusoliere degli aerei militari spiccava una croce con la scritta “Cristo vence”. Forse l’anticostantinismo di Bergoglio cominciò quel giorno.

Ciò non ha mai significato, durante il regime militare, adesione alla contro-violenza guerrigliera, che coinvolse diversi sacerdoti formati alla teologia della liberazione, di cui Bergoglio rifiutava l’ideologia marxisteggiante e il ricorso alle armi. Ma dell’insegnamento di Gustavo Gutiérrez, teorico di una teologia militante, apprezzava alcuni moventi sociali e spirituali, poi espressi in una ramificazione di quella dottrina, la teologia del popolo, di cui Bergoglio diverrà icona prima da arcivescovo di Buenos Aires, infine da papa. Popolo del quale parla la lingua anche da capo e vertice della Chiesa, per l’irritazione dei curiali, preti e intellettuali saccenti confratelli della Gregoriana. […].

Tanto coinvolgimento politico si riflette nella sua formazione geopolitica. Segnata dalla filosofa Amelia Podetti, creativa interprete di Hegel, del quale contestava l’eurocentrismo nell’interpretazione pretesamente universale della storia, il permanere «nelle dimensioni dell’Impero Romano e delle sue frontiere»[4].  Di Podetti Bergoglio condivide «l’idea dell’irruzione dell’America Latina nella storia come il fatto fondamentale della modernità»[5]. Per il futuro papa ne deriva il ricentramento del pianeta attorno al continente americano, il solo ad esprimere fin dalla prima interlocuzione con la storia universale una civiltà cristiana. Nella formula di Podetti: «La scoperta del “Nuovo mondo” rappresenta, in realtà, la scoperta del mondo nella sua totalità»[6]. La centralità della periferia è farina del sacco filosofico di Amelia Podetti. Spostamento d’asse per cui l’America latina assume una missione spirituale e geopolitica universale, opposta all’universalismo occidentalista e ipertecnicista incarnato dall’impero nordamericano e dalle sue decadenti appendici veterocontinentali.

A completare la visione spiritual-geopolitica di Bergoglio, l’incontro con l’uruguayano Alberto Methol Ferré, personalità profonda e audace, uno fra i più influenti filosofi e geopolitici di formazione cattolica degli ultimi decenni. Per il quale la Chiesa latinoamericana deve catalizzare l’intero subcontinente nella patria Grande, in un contesto mondiale dove solo gli imperi continentali o transcontinentali sfoggiano taglia da competizione. Sostenitore del peronismo, assertore del Vaticano II come sintesi e superamento della riforma protestante e dell’illuminismo, teorico della Chiesa del popolo, Methol Ferré contribuirà a convincere Bergoglio della necessità della Patria Grande. Percorso a tappe. Primo: unire intorno all’Argentina gli altri otto paesi sudamericani di espressione castigliana, in modo da bilanciare la strapotenza continentale brasiliana. Secondo: coniugare il Brasile lusofono con il gruppo dei nove a guida argentina. A questo insieme sudamericano Carriquiry Lecour proporrà di aggiungere il Messico, respinto invece da Methol per la sua integrazione nordamericana espressa nel Nafta[7]. Il più grande continente cattolico del mondo, finalmente unito nel sogno di José de san Martín e di Simón Bolívar – e soprattutto della sua chiesa – come contrappeso e sfida alla “globalizzazione imperialista”, portatrice di “nichilismo edonista”. Per quest’ultima Bergoglio inventa la metafora della «sfera perfetta, pulita», nella quale «tutti i popoli si fondono in una uniformità che annulla la tensione tra le diversità». Sfera simbolo dell’egemonia statunitense, cui il futuro papa contrappone il poliedro, figura della globalizzazione cristiana, «dove ogni sfaccettatura (l’idiosincrasia dei popoli) conserva la sua identità e particolarità», tese tutte verso il «bene comune»[8].

Sulla Patria Grande come orizzonte geopolitico e religioso converge l’episcopato latinoamericano, già nella Conferenza generale di Puebla (1979) poi in quella di Aparecida (2007). Utopia effettuale, che resterà forse un miraggio. Eppure serba un irradiamento potente nel cattolicesimo latinoamericano e contribuisce a profilarne la collocazione negli equilibri geoecclesiastici planetari.

[1]    G. CARRIQUIRY LECOUR, “Premessa”, in M. BORGHESI, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Milano 2017, Jaca Book, p. 11, testo al quale molto dobbiamo nell’interpretazione del profilo filosofico e geopolitico di Bergoglio.

[2]    Ibidem

[3]    A. IVEREIGH, Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio, Milano 2014, Mondadori, p. 44.

[4]    A. PODETTI, Comentario a la Introducción de la Fenomenologia del Espiritu, Buenos Aires 1978, Facultad de Filosofía y Letras, UBA, p. 51.

[5]    J. M. BERGOGLIO, «Per un dialogo genuino con il pensiero filosofico moderno. Note di filosofia del cardinal Bergoglio a margine di un libro di Amelia Podetti», Terre d’America, 27/6/2013

[6]    A. PODETTI, «L’irruzione dell’America nella storia», Incontri. Testimonianze dell’America Latina, n. 7, settembre-ottobre 1982, p. 11.

[7]    Cfr. M. BORGHESI, op. cit., pp. 200-201.

[8]    «L’America Latina del cardinal Bergoglio. Tra imperialismo della globalizzazione e progressismo adolescenziale», Terre d’America, 28/4/2013.

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