«Quel grande veronese che ha ispirato Papa Francesco»

Sono stato lieto di portare un contributo al quotidiano L’Arena di Verona, in vista della visita pastorale che papa Francesco ha tenuto sabato 18 maggio nella città scaligera, pensando in particolare all’incontro “Arena di Pace” (nella foto), durante il quale ha dialogato con varie realtà della società civile, dell’associazionismo e dei movimenti popolari presenti in Italia.

L’intervista, a cura di Lorenzo Fazzini, verteva su quello che papa Francesco stesso ha definito “un grande veronese”, ovvero Romano Guardini, fondamentale nella genesi del suo pensiero, che il Papa ha citato esplicitamente nel suo intervento in Arena.

L’Arena di Verona, giovedì 16 maggio 2024, p. 25, Borghesi: «Quel grande veronese che ha ispirato Papa Francesco» (Lorenzo Fazzini)

IL BIOGRAFO DI BERGOGLIO. Il pensiero del filosofo si rispecchia nelle scelte del pontefice argentino. La visione della centralità europea nella mediazione dei conflitti rappresenta una prospettiva di grande attualità

Francesco visita la città del suo maestro. A Romano Guardini, pensatore nato all’ombra dell’Arena, Bergoglio deve molto della sua formazione intellettuale. Sul rapporto tra Francesco e l’autore de La fine dell’epoca moderna articola una riflessione Massimo Borghesi, professore di Filosofia morale all’Università di Perugia. Biografo dell’attuale pontefice – cui ha dedicato Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica (Jaca book) – e al contempo grande conoscitore di Guardini (suo il Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Studium).

Papa Francesco definisce Romano Guardini “un grande veronese”. Nella sua città però non è molto conosciuto. Perché può esser definito “un grande”?

Si, Guardini non gode ancora in Italia della fama che meriterebbe nonostante la pubblicazione dell’Opera omnia curata dalla Morcelliana. In Veneto Isola Vicentina, dove si trova la casa familiare di Guardini, ne conserva la memoria con convegni ed iniziative. Guardini si trasferì in Germania, con la sua famiglia ad appena un anno di età. Tornava tuttavia spesso in Italia, in estate, e proprio ad Isola ha composto taluni dei suoi lavori più noti. È sicuramente il pensatore italo-tedesco del ’900 più noto in Germania. Potrebbe costituire un ottimo ponte di dialogo tra la cultura tedesca e quella italiana ma questa opportunità non ha trovato ancora adeguata realizzazione. In Germania la sua fama si deve alla sua grande produzione filosofico-pedagogico-letteraria-religiosa. E, particolarmente, al fatto che non ha ceduto al fascino del nazionalsocialismo divenendo un maestro per la gioventù, cattolica e non cattolica, dagli anni ‘20 al secondo dopoguerra. Muore a Monaco nel 1968.

Guardini torna ben 8 volte in Laudato si’, l’enciclica sociale di Papa Francesco. Perché una insistenza così ampia di Francesco nel ricorrere a Guardini sul tema ecologico?

In Laudato si’ il Papa cita cinque volte un’opera di Guardini, La fine dell’epoca moderna del 1950. Qui l’autore offriva un ampio quadro della mentalità e delle direzioni che muovono i tempi “post-moderni” contrassegnati, da un lato, da una potenza smisurata grazie al progresso tecnico-scientifico e, dall’altro, dalla mancanza di un’etica capace di governare tale potere. L’uomo odierno non possiede il potere sul proprio potere. La tecnica, da strumento, diviene il motore di un processo che sembra non avere più un soggetto riconoscibile. L’eclisse del soggetto, rivelativa del venir meno di una posizione morale capace di sostenere la centralità umana, spiega, secondo il Papa, «la globalizzazione del modello tecnocratico». L’universalizzazione del modello tecnico, elevato a valore assoluto, è la causa del riduzionismo diffuso, la forza della mentalità funzionalistica. Al punto che: «Non si può pensare di sostenere un altro paradigma culturale e servirsi della tecnica come di un mero strumento, perché oggi il paradigma tecnocratico è diventato così dominante, che è molto difficile prescindere dalle sue risorse, e ancora più difficile è utilizzare le sue risorse senza essere dominati dalla sua logica». Il modello tecnocratico costituisce la “logica” che guida l’economia, la finanza, la politica. Francesco cita Guardini per il quale nel modello tecnico «l’uomo che ne è il protagonista sa che, in ultima analisi, non si tratta né di utilità, né di benessere, ma di dominio; dominio nel senso estremo della parola». Da qui la sollecitazione alla formazione di una coscienza morale e religiosa in grado di rapportarsi allo smisurato potere offerto dalla tecnica – pensiamo al suo uso in guerra – senza soccombere.

Cosa direbbe Guardini rispetto al tema della visita di Francesco a Verona “Giustizia e pace si baceranno”?

Questa prospettiva incontrerebbe, senza dubbio, il plauso di Guardini. Il suo pensiero sulla pace è bene espresso dal suo discorso pronunciato il 28 aprile 1962, in occasione del «Praemium Erasmianum» ricevuto a Bruxelles, dal titolo Europa. Wirklichkeit und Aufgabe. In esso Guardini assegnava ancora all’Europa il compito di mediare tra i continenti e le potenze del mondo. L’Europa veniva indicata come il katechon, il potere che poteva frenare i deliri di onnipotenza che la tecnica moderna rendeva possibili. L’America, l’Asia, l’Africa, non apparivano in grado, per motivi diversi, di rivestire tale ruolo. All’Europa spettava il compito di promuovere la pace. Essa aveva avuto tempo per perdere le illusioni. «I valori del passato – scriveva – sono ancora in essa così viventi che le permettono di capire cosa sta in gioco. Essa ha già visto rovinare tanto di irrecuperabile; è stata colpevole di tante lunghe guerre omicide, da essere capace di sentire le possibilità creatrici, ma anche il rischio, anzi la tragedia dell’umana esistenza. Nella sua coscienza c’è certamente la forma mitica di Prometeo, che porta via il fuoco dall’Olimpo, ma anche quella di Icaro, le cui ali non resistono alla vicinanza del sole e che precipita giù. Conosce le irruzioni della conoscenza e della conquista, ma in fondo non crede né a garanzie per il cammino della storia né a utopie sull’universale felicità del mondo. Essa ne sa troppo». Come è evidente si tratta di una prospettiva di grande attualità.

Guardini è stato un grande educatore soprattutto nel periodo difficilissimo del nazismo. Cosa ci dice in questo nostro tempo la sua forza come educatore?

Guardini divenne, nei primi anni ‘20, il leader spirituale del movimento giovanile «Quickborn». Nel 1927 ne diverrà presidente assumendo, contemporaneamente, la direzione nel castello di Rothenfels. Il castello verrà occupato, nel 1933, da una sezione del servizio volontario del regime nazista e l’attività del centro di Rothenfels verrà soppressa, sempre dal regime, nel 1939. Negli anni del nazismo Guardini si prodigherà nelle sue lezioni all’Università di Berlino, nelle sue pubblicazioni, nei suoi incontri con il movimento giovanile, a formare e ad orientare la gioventù cattolica secondo un ideale cristiano radicalmente difforme da quello pagano portato avanti dai nazisti. Introdurre a Cristo come significato dell’intera realtà: questo era lo scopo della sua attività educativa. Dalla sua voce i giovani apprendevano una nuova visione della vita, diversa da quella appresa dalla propaganda. Le lezioni di Guardini erano spiate dalla Gestapo. Il suo esempio vale certamente anche oggi. In un tempo arido come il presente, in cui i giovani sono orientati dai media in un continuo parco giochi, abbiamo estrema necessità di maestri di vita che siano anche educatori. I tempi che viviamo sono drammatici e richiedono una coscienza morale che abbia il potere di dominare il potere smisurato e distruttivo di oggi.

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