di Massimo Borghesi. Desideri, figli, gender. Temi caldissimi per la cronaca, ma che hanno la loro radice in un preciso filone di pensiero del Novecento, che ha trova la sua legittimazione nella riflessione di Judith Butler. La docente di Berkeley, alla scuola di Michel Foucault radicalizza l’esistenzialismo sartreano di Simone de Beauvoir (nella foto), portando alle estreme conseguenze l’idea che l’esistenza precede l’essenza, che l’uomo possa liberamente dotarsi della natura appagante il suo desiderio. Sono queste alcune considerazioni introduttive di Massimo Borghesi al numero di maggio-giugno 2016 della rivista Studium, dedicato appunto a “Desideri, figli, gender”, con interventi di Adriano Penna e Laura Palazzani oltre che dello stesso Borghesi. Di quest’ultimo pubblichiamo la nota introduttiva.
DESIDERI, FIGLI, GENDER
Studium, maggio giugno 2016
Il progresso tecnico nel campo biomedico viene radicalmente modificando le certezze “naturali” che stanno dietro alla coscienza-di-sé nel rapporto con il corpo, alla relazione uomo-donna, al rapporto genitori-figli, al generato divenuto adulto con le modalità della sua generazione. Siamo di fronte ad una vera e propria “rivoluzione antropologica” che vede la dialettica tra un modernismo liberal, individualistico e totalmente ottimistico nel suo assecondare le dinamiche del desiderio, ed una concezione di relazionalità etica che, lucidamente, coglie gli esiti manipolatori dettati dalle nuove forme di signoria-servitù. Quanto agli uni appare “progressivo” risulta agli altri come “reazionario”, forma mentis che obbedisce acriticamente alle leggi di mercato nell’era della globalizzazione. L’intervento destrutturante della tecnica nel campo delle identità sessuali ha trovato la sua legittimazione nella riflessione di Judith Butler. Alla scuola di Michel Foucault, la Butler, docente all’Università di Berkeley, afferma nel suo Gender Trouble (1960) che la distinzione dei sessi non è affatto “naturale” ma obbedisce ad un discorso disciplinario, alla ripetizione di un modello culturale ripetuto in modo reiterativo. La differenza sessuale si risolve in una distinzione “culturale” in modo tale che l’individuo, emancipato dalla natura, può liberamente decidere chi essere: uomo, donna, transgender. Attraverso Foucault e Derrida la Butler radicalizza l’esistenzialismo sartreano di Simone de Beauvoir, l’idea che l’esistenza precede l’essenza, che l’uomo possa liberamente dotarsi della natura appagante il suo desiderio. La legge del desiderio, una legge senza legge, è la stessa che soggiace alla volontà di avere figli attraverso la surrogacy, la madre “in affitto”. La tecnica sopperisce alle deficienze della natura e permette all’io insoddisfatto di mutare sesso, di generare senza generare. Essa, sul terreno di un decostruzionismo filosofico che funziona da giustificazione, assicura all’io l’orgoglio di essere “sovrano”, l’arbitro supremo di voleri arbitrari, non vincolati ad una responsabilità sociale. La società liquida è un mondo di individui che “astraggono”: dal proprio corpo, dal sesso per generare, dalla relazione vissuta madre-figlio nel periodo della vita prenatale. L’io diviene sempre più pneumatico, sciolto dai legami con la carne, con il proprio corpo sessuato. Per il mondo estetico, in cui siamo immersi, si tratta di un risultato paradossale. La tecnica, liberandoci dall’incarnazione, sollecita un’idea transumana di libertà. I saggi che compongono il dossier (Il controverso figlio del desiderio. La de-generazione di Adriano Pessina; Femminismo e utero in affitto. Due anime della sinistra a confronto di Massimo Borghesi; I disturbi della differenziazione sessuale e l’intersessualità: una questione Gender tra teoria e prassi di Laura Palazzani) costituiscono un utile contributo per mettere a fuoco un dibattito in corso.