Sono molto lieto dell’interesse che il volume su don Giussani sta suscitando, perché la raccolta di testimonianze che ho curato credo restituisca un ritratto vivo e palpabile del sacerdote lombardo. Oggi è uscita anche una recensione su L’Eco di Bergamo che vi propongo.
L’Eco di Bergamo, mercoledì 11 ottobre, p. 38, «Don Gius», i suoi amici e i Padri della Chiesa (C.D.)
Due libri – l’editore Studium approfondisce la figura del prete di Desio
L’editore Studium ha appena pubblicato due libri dedicati a don Luigi Giussani: uno si intitola «In comunione e in libertà. Don Giussani nella memoria dei suoi amici», a cura del filosofo morale dell’Università di Perugia Massimo Borghesi. Il secondo (Marcianum Press), più impegnativo sul piano della teologia e della storia della Chiesa, è «Giussani e i Padri della Chiesa. Una tradizione vivente», a cura di Pierluigi Banna; con una prefazione del cardinale Angelo Scola.
Il ricco testo di Borghesi – che raccoglie testimonianze dirette, firmate tra gli altri da Alessandro Banfi, Lucio Brunelli, Rocco Buttiglione, mons. Massimo Camisasca, Giancarlo Cesana, la trappista del monastero di Vitorchiano Monica Della Volpe, lo scrittore Luca Doninelli, il docente egiziano di Scienze islamiche Wael Farouq, il giornalista Robi Ronza, mons. Filippo Santoro – inizia ricordando un articolo pubblicato su «La Repubblica» da Giuliano Pisapia, sindaco di Milano dal 2011 al 2016, che dei suoi anni al Liceo Berchet rievocava lo strano professore di religione «brutto e affascinante», che «rompeva ogni schema cui eravamo abituati. Non ci riempiva di nozioni e rispondeva a tutte le nostre domande, ai nostri dubbi. Don Gius, così lo chiamavano, ci ascoltava e cercava di comprendere le ragioni dell’altro. Dialogo e confronto anche critico, un metodo che non mi ha mai lasciato, un insegnamento rimasto nella mia vita come in quella di molti miei compagni di scuola. Il suo cattolicesimo, la sua testimonianza di fede non era la ripetizione mnemonica di insegnamenti e dogmi ma la volontà di vivere una fede vissuta sul campo. Un metodo che – l’ho scoperto qualche anno dopo – aveva affinato sin dai suoi primi anni di vita con un papà socialista e una mamma cattolica». Altra analogia con padre Scalfi.
In un’altra intervista, al settimanale «Vita» Pisapia raccontò il loro primo incontro: «Giussani entrò in classe e ci chiese se ritenevamo giusto che un genitore cattolico educasse i propri figli secondo quei principi. Uno di noi gli rigirò la domanda lei ritiene giusto che un genitore comunista educhi il proprio figlio secondo i principi in cui crede? Don Giussani non ebbe un attimo di esitazione: rispose di sì». Monsignor Camisasca, oggi vescovo emerito di Reggio Emilia – Guastalla (ha studiato nel Seminario della Comunità Missionaria del Paradiso e venne ordinato a Bergamo nel 1975 dall’arcivescovo Clemente Gaddi) racconta invece che conobbe Giussani quando lui aveva 4 anni: «Nella nostra casa sul lago Maggiore il riscaldamento era precario per cui lo zio medico consigliò ai miei genitori di farmi trascorrere i mesi invernali nella casa dei nonni a Milano, dove aveva lo studio. Tra i suoi pazienti veniva a farsi curare un giovane prete, malato ai polmoni. Era la fine degli anni ’40, don Giussani insegnava nel seminario di Venegono e la domenica collaborava nella parrocchia dei miei nonni. Così è entrato nella mia vita, senza mai abbandonarla. Di lui in casa si parlava come di un prete intelligente e molto attivo nella pastorale giovanile. Era infatti assistente diocesano di Azione Cattolica. Insieme alla sua intelligenza, aleggiava intorno alui anche la fama di un prete difficile perle autorità diocesane».
Il cardinale Angelo Scola in «Giussani e i Padri della Chiesa» lo descrive invece come sacerdote animato da «un’inesausta curiosità della ragione davanti al reale. Giovani studenti restavano impressionati dalla sua capacità di comunicare la fede facendo riferimento ad autori non usuali, non solo al “suo” Leopardi ma persino a testi di filosofi e letterati contemporanei e distanti dalla tradizione cristiana. Il suo pensiero sorgivo assume vale istanze della cultura contemporanea rendendole strumento e occasione per l’annuncio della tradizione cristiana in un modo critico e sistematico, degno di rilievo culturale e sociale». (C.D.)