Così Maria Antonietta Calabrò annuncia sull’Huffington Post, l’uscita del volume da me curato “È bello lasciarsi andare tra le braccia del figlio di Dio”. L’autrice dell’articolo, giornalista, è stata per trent’anni al «Corriere della Sera», ufficio di corrispondenza di Roma. È Premio Saint-Vincent per il giornalismo 2001. Ha pubblicato In prima linea (1993, interviste a dieci magistrati italiani), I segreti del Vaticano insieme a Gian Guido Vecchi (e-book del «Corriere della Sera», 2012) sul caso Vatileaks 1, Le mani della mafia, libro investigativo sulla bancarotta del Banco Ambrosiano, lo IOR e la morte di Roberto Calvi (2014). Attualmente collabora con l’«Huffington Post». Il suo sito è www.justout.org.
HuffPost, domenica 23 giugno, Il Papa fa pubblicare le omelie di Don Giacomo, e indica alla chiesa l’unica strada per il futuro (Maria Antonietta Calabrò)
Nella primavera del 2012, il futuro papa Francesco incontrò don Giacomo Tantardini nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Ora, la Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato le omelie di don Giacomo, evidenziando l’importanza di recuperare l’essenza originale della vita cristiana
A guardare bene all’indietro nel tempo, nella sacrestia della Basilica di San Lorenzo fuori le Mura nella primavera del 2012 è come se fosse avvenuto un misterioso passaggio di testimone tra un semplice prete, don Giacomo Tantardini, e un cardinale argentino, che l’anno dopo, il 13 marzo 2013, sarebbe diventato papa, Francesco. Don Giacomo era “il vivace discepolo” (definizione del Papa) del fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani, un prete che ha trasmesso la sua fede in un Cristo che abbraccia, a migliaia di studenti dell’Università di Roma. Celebrava la Messa settimanale a San Lorenzo, il sabato pomeriggio.
Si tratta di una chiesa paleocristiana, dove sono venerate le reliquie del santo diacono Lorenzo, martirizzato su una graticola nel 258 dopo Cristo, che per ordine di papa Sisto II, durante la persecuzione di Valeriano, distribuì ai poveri tutte le ricchezze e i tesori della Chiesa, che l’imperatore aveva ordinato di consegnargli. Quando Valeriano chiese a Lorenzo dove li avesse messi, raccolse un gran numero di poveri e glieli condusse dicendo: «Ecco qui i beni della Chiesa!». Fu allo scalo San Lorenzo, vicino alla basilica, che dopo il bombardamento di Roma nel 1943 si recò Pio XII, che da allora fu chiamato “difensor civitatis”. Poveri e guerra, due costanti nel magistero di Francesco.
Fu lì che “anche io conobbi don Giacomo” ha rivelato il Papa e fu lì che lo vide per l’ultima volta, qualche settimana prima che morisse il 19 aprile 2012. “L’ultima immagine che conservo di lui è durante la cerimonia delle cresime a San Lorenzo fuori le Mura, con le mani giunte, gli occhi aperti e stupiti, sorridente e serio allo stesso tempo” scrisse in un articolo pubblicato sul numero di maggio del 2012 del mensile “30 giorni” di cui era direttore Giulio Andreotti, ma anima e motore era stato il sacerdote lombardo. L’articolo del cardinale Bergoglio era intitolato semplicemente “Il mio amico don Giacomo”. Ed era veramente quell’apostolo infaticabile tra i giovani universitari della Città eterna l’unica amicizia significativa prima dell’elezione per l’arcivescovo di Buenos Aires che, quando fu chiamato ad essere vescovo di Roma, dichiarò di conoscere della sua nuova Diocesi solo due luoghi: la Basilica di San Lorenzo e quella di Santa Maria Maggiore. L’opinione pubblica avrebbe imparato a conoscere la seconda, che conserva il famoso dipinto della Vergine “salus populi romani”, perché il Papa vi si è recato decine e decine di volte ad ogni partenza e arrivo dai suoi viaggi internazionali e perché ha dichiarato pochi mesi fa che l’ha scelta come luogo della sua sepoltura.
Della frequentazione della prima basilica la stragrande maggioranza dei fedeli non è stata a conoscenza fino ad ora, e sappiamo che è stata per Bergoglio il luogo dell’amicizia, che aveva il volto di don Giacomo.
Francesco ha voluto che la libreria del Papa, la Libreria Editrice Vaticana, pubblicasse (il volume “È bello lasciarsi andare tra le braccia del figlio di Dio” è uscito in questi giorni) le omelie di don Giacomo a San Lorenzo pronunciate tra il 2007 e il 2012. Sono arrivate fino a noi grazie al fatto che furono registrate da uno dei ragazzi che partecipava alla messa. E sono state curate dal professor Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale all’Università di Perugia. Nella sua introduzione al volume Papa Francesco ha scritto che ha preso questa decisione non solo per ricordare don Giacomo, ma perché le sue omelie “ci comunicano l’essenza originale della vita cristiana. C’è sempre bisogno nella Chiesa di recuperare l’essenziale. Per troppo tempo abbiamo ridotto il cristianesimo a un codice di regole o a uno sforzo volontaristico, ma ogni moralismo alla fine ci lascia addosso un senso di fallimento e di tristezza”. Ecco, una caratteristica di don Giacomo era il sorriso, quasi quello di un bambino.