Mario Castellana su Odysseo recensisce il volume su papa Francesco

Sono grato a Mario Castellana (nella foto), che più volte mi ha onorato della sua cordiale attenzione critica, di questa ampia recensione del volume Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ‘ospedale da campo’ (Milano, Jaca Book 2021). Ecco un profilo dell’autore.

Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese “Revue de synthèse”, è attualmente direttore scientifico di “Idee”, rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale “Pensée des sciences”, Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di “Odysseo” è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.

 

Odysseo.it, 29 luglio 2021, Francesco e la fine del teopopulismo (Mario Castellana)

Massimo Borghesi, Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ‘ospedale da campo’ (Milano, Jaca Book 2021)

Se si vuole ricostruire con più oggettività la storia ormai bimillenaria della Chiesa, fatto che spesso si dimentica pur essendo ovvio e se si tiene presente, come del resto per ogni altro ambito delle vicende umane, l’ottica del pensiero complesso, non si possono staccare le posizioni teologico-dottrinali espresse nei secoli dalle conseguenze etico-politiche, dinamiche che fanno parte integrante del mondo occidentale e non solo. Ciò è emerso in particolar modo con il Concilio Vaticano II i cui ricchi e ancora poco noti documenti hanno dato importanza al confronto coi problemi del mondo contemporaneo col mettere in evidenza la necessità di ricostruire dei percorsi più adeguati per far fronte alle diverse e inedite situazioni; pur creando inevitabili divisioni, sono avvenuti cambiamenti strutturali con la costruzione, come nel passato, di ‘modelli’ non solo pastorali per cercare di dare delle risposte ai reali bisogni, come li ha chiamati nel suo recente lavoro Massimo Borghesi, Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ‘ospedale da campo’ (Milano, Jaca Book 2021), già autore di scritti in tal senso come Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson. La fine dell’era costantiniana del 2013 e Senza legami. Fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI del 2014.

Per poter meglio capire quest’ultimo lavoro è da tenere presente una precedente opera dello stesso Borghesi, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica del 2017 più volte ristampata, dove ci è offerta una non comune organica ricostruzione del pensiero del pontefice argentino anche per l’importanza strategica, assunta al suo interno, dalla figura del teologo-filosofo italo-tedesco Romano Guardini (cfr. Jorge Mario Bergoglio filosofo, Odysseo 17 dicembre 2020), figura che insieme a quella del gesuita Pierre Teilhard de Chardin si può considerare una delle sue fonti di Siloe; non a caso, un primo elemento ritenuto fondamentale è che l’avvento del pontificato di Francesco sta tracciando un percorso, un ‘modello’ di Chiesa che trova le sue basi nel Concilio Vaticano II e immaginato in sede operativa e non solo metaforica come ‘ospedale da campo’, per far fronte alle sempre più complesse e inedite sfide di un mondo lacerato e bisognoso di interventi radicali in ogni ambito dell’umano che interessi di vario genere stanno facendo di tutto per ostacolare. Ma tale ‘modello’ viene a scontrarsi con quella che viene definita “eredità ideologica consolidatasi nel mondo cattolico dopo la caduta del comunismo”, cioè quel modello “’americano’ fondato sul connubio tra battaglie etiche contro la secolarizzazione (cultural wars) e identificazione del cattolicesimo con il capitalismo e lo ‘spirito’ americano”.

Se i giornali prendono in considerazione solo gli scandali del clero, Borghesi ci offre una lettura critica e circonstanziata del pensiero di alcune figure del mondo intellettuale americano come Michael Novak, George Weigel, Richard John Neuhaus e Robert Sirico, i cui scritti hanno gettato le basi sin dagli anni ’80 di tale ‘modello’ o ‘sintesi’ attraverso una discutibile operazione di “rilettura deformata della Centesimus annus di Giovanni Paolo II” col trovare ampia risonanza non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa ed in Italia sia nel mondo laico che cattolico sino alla traduzione di alcune loro opere con l’aprire un dibattito più politico, a volte strumentale, che teologico anche per la caduta del muro di Berlino. Dopo un’ampia introduzione dedicata a dei punti fermi del pensiero di Bergoglio e alcune interpretazioni del suo pontificato, Borghesi si sofferma lungamente sulla ‘caduta del comunismo e l’egemonia dell’americanismo cattolico’; viene preso in considerazione il pensiero di Novak che fa del principio della libertà religiosa il perno dello ‘spirito del capitalismo democratico’ coll’approdare ad una vera e propria ‘teologia del capitalismo democratico’ dove il cristianesimo è invitato ad essere ‘realistico’ e ad accettare la forma economica esistente senza l’illusione di poter cambiare. Ma questo sofisticato ‘modello di teodicea economica’ elaborato da Novak, le cui radici vengono trovate nella dottrina di Adam Smith relativa alla ‘mano invisibile’ e alle ‘conseguenze involontarie’ del mercato, “si arresta di fronte ad un altro principio derivante dall’etica cristiana: quello della solidarietà” che poi diventerà il perno del pontificato di Francesco. Il ‘cattocapitalismo’ di Novak, elaborato negli anni di Reagan, pertanto concilia per Borghesi “senza alcuna distanza critica’, cattolicesimo, capitalismo, modernità” e la sua opera del 1982, Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo, diventa così il “manifesto cattolico della globalizzazione, il manifesto dell’’americanismo cattolico’” sino a formare “la forma mentis della corrente del conservatorismo cattolico egemone a partire dell’ultimo ventennio del secolo passato” col trovare entusiasti sostenitori anche in Italia.

Negli USA venne a svilupparsi così il Catholic Neoconservative Movement con altre figure come Weigel, Neuhaus e Sirico, veri e propri opinion makers della “galassia neoconservatrice costellata da intellettuali delusi della sinistra e dalla politica del partito democratico”; interessante si rivela poi l’analisi da parte di Borghesi dell’interesse per il pontificato di Giovanni Paolo II da parte di queste figure e nello stesso tempo del loro modo di travisare la Centesimus annus col mettere in evidenza “la distanza che separava il cattocapitalismo” dalle posizioni del pontefice polacco. Questi, sulla scia della Rerum novarum, aveva sia nella Laborem exrcens che nella Sollicitudo rei socialis, auspicato che, “dopo la caduta del comunismo l’affermarsi di una autentica teologia della liberazione libera dal marxismo ma non per questo meno impegnata nella lotta per la giustizia” e poi soprattutto aveva avvertito che è “inaccettabile che la sconfitta del cosiddetto ‘socialismo reale’ lasci il capitalismo come unico modello di organizzazione economica”. In tal modo, già sotto tale pontificato si mettono in discussione i pilastri della teodicea economica di Novak e dei teocon, che diventa tale per Borghesi dopo il 2001 sino a “trasformarsi nel teopopulismo contemporaneo” e che a sua volta entra in crisi con l’avvento di Francesco e simboleggiato dall’immagine di un Trump ‘solo’ del 20 gennaio 2021, quando il “novello Costantino che doveva proteggere la fede dalla corruzione operata dal papa ‘sudamericano’ viene abbandonato dai suoi più stretti collaboratori”.

Si rivela così strategico il capitolo dal significativo titolo ‘Il pontificato di Francesco nella crisi della globalizzazione’ dove si analizza il modello di Chiesa come ‘ospedale da campo’ che non è solo una risposta alla gravità dei problemi che ci attraversano, ma una scelta teologica di ampio respiro; essa apre per Borghesi una particolare e ‘genuina prospettiva’ che va ben compresa, “fatica che i critici si risparmiano volentieri” dal fare, le cui “fonti sono disseminate in tutti i suoi documenti” a partire dall’Evangelii gaudium a Fratelli tutti, dove vengono esposti dei basilari ‘principi’ rigettati dai teocon con le loro connesse varianti teopopuliste e inclini a prese di posizioni unilaterali e semplicistiche. A tal fine è considerato strategico il paragrafo 221 della Evangelii gaudium dove si elencano “quattro principi relazionati a tensioni bipolari propri di ogni realtà sociale” che poi sono i “postulati della Dottrina Sociale della Chiesa, i quali costituiscono ‘il primo e fondamentale parametro di riferimento per l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali’”. Borghesi così li riassume a beneficio di coloro che strumentalmente o meno non prendono in debita considerazione ‘Bergoglio filosofo’ e la sua ‘filosofia sociale’ imperniata sull’antropologia polare di Romano Guardini che è alla base della sua ‘metodologia ermeneutica’: “il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte”.

Su queste non comuni basi fonda il suo progetto pastorale un pontefice venuto dalla ‘periferia del mondo’, che ha ‘abitato la complessità’ accettandone le diverse sfide sia sul piano del pensiero che su quello dell’azione pastorale come ci ha ricordato Mauro Ceruti (cfr. Come abitare la complessità, Odysseo 20 novembre 2020), e considerato dai suoi numerosi critici povero sul terreno concettuale e contrapposto strumentalmente al più teologo-filosofo Joseph Ratzinger. Tutto ciò rende più ostico e meno facilmente digeribile per le menti teocon e teopopuliste per Borghesi il modello di Chiesa di ‘ospedale da campo’, elaborato da Francesco e chiamato anche in Evangelii gaudium ‘modello del poliedro’ su cui sia l’azione pastorale che l’azione politica devono basarsi; esso “riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità” e nello stesso tempo mina alle radici l’idea dei teocon di globalizzazione ‘monocromatica’ o di ‘falso sogno universalistico’ con venature autoritarie e astratte regolato ‘allo scopo di omogeneizzare’ ad uso e consumo di certi forti interessi, quando il futuro, come si afferma in maniera netta e inequivocabile in Fratelli tutti al paragrafo 100, non lo è ed “impegna la nostra famiglia umana di imparare a vivere insieme in armonia e pace senza che dobbiamo essere tutti uguali”.

Chiaramente questo volume di Massimo Borghesi prende in esame molti altri punti del pensiero-azione di Francesco contenuti in Fratelli tutti considerata la ‘nuova Pacem in terris’, come la necessità di un ‘rinnovato dialogo tra Chiesa e Stati Uniti’, l’idea di ‘Chiesa in uscita’ e ‘fuori dal centro’ e riavviata con nuovo vigore missionario ‘verso le periferie del mondo’, la teologia della tenerezza, la dialettica del grande e del piccolo; e tutto questo è ritenuto basato su una rilettura della Evangelii nuntiandi ‘del grande Paolo VI’ e della stessa Populorum progressio, il cui ‘ritorno’ già in parte intravisto nella Caritas in veritate di Benedetto XVI era per i neocon ‘la preoccupazione più grande’ per la ‘svolta’ implicita nella ‘vicinanza con Paolo VI’ e nel suo modo di mettere in pratica alcune indicazioni del Concilio Vaticano II. Anche se molti in campo cattolico non condividono l’impostazione data da Francesco al suo ‘modello’ di Chiesa col tenerne lontani i risvolti politico-pastorali, non possono però esimersi dal prenderne atto e comunque di confrontarsi anche per prendere le debite distanze da chi strumentalmente fa uso dei loro simboli religiosi; per i laici è più che mai necessario stare attenti a questi pericolosi e artificiosi ‘connubi’ tra politica e religione che di solito vengono trascurati e sfociano in teopopulismi di vario genere sotto i quali si camuffano interessi non facilmente percepibili. Il volume di Massimo Borghesi, pure incentrato sulla strategia pastorale di un pontefice e sul suo modo di combattere le derive teopopulistiche, può essere un valido strumento per vigilare su questi processi che coinvolgono la nostra vita e prenderne le dovute distanze, dal grado delle quali ci si può misurare il livello di maturità democratica raggiunto.

 

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