Per superare dicotomie apparenti

Nelle scorse settimane è uscita sull’Osservatore Romano una pregevole recensione di Giovanni Cogliandro al mio ultimo volume «II dissidio cattolico. La reazione a Papa Francesco». La riporto di seguito.

L’Osservatore Romano, 3 agosto 2022, Per superare dicotomie apparenti (Giovanni Cogliandro)

In «II dissidio cattolico. La reazione a Papa Francesco» di Massimo Borghesi

II Papa cerca come i suoi predecessori strategie molteplici per ricostruire il dialogo, concretizzando nel suo agire politico l‘anteriorità dell‘etica e una posizione filosofica ispirata dal pensiero di Romano Guardini, il quale considerava gli opposti una polarizzazione virtuosa e non una contraddizione viziosa e pericolosa, come invece avveniva nel pensiero del suo contemporaneo Schmitt. «Ogni volta la costruzione dell‘identità avviene a partire dalla dialettica amico/nemico. Con ciò, però, la fede viene a patire una riduzione teologico-politica come Carl Schmitt aveva ben compreso.

Non c’è teologia politica se non c’è nemico: questo è il teorema di Schmitt. Un teorema attualissimo che vede settori del cristianesimo contemporaneo ricalcare, nell‘opposizione, il fondamentalismo che vuole combattere» (Massimo Borghesi, Il dissidio cattolico. La reazione a Papa Francesco, Milano, Jaca Book, 2022, pagine 181, euro 32.30). Il volume di Borghesi offre un‘accurata ricognizione della polarizzazione in atto da alcuni decenni dentro la Chiesa cattolica, che negli ultimi anni si è sviluppata con la sapiente regia di forze esterne alla Chiesa e allo stesso tempo con l‘inconscio supporto di alcuni cattolici. La continua ricerca della propria identità non è l‘opposto del dialogo sincero, secondo una declinazione della fratellanza universale che pone il Cristianesimo come faro di umanità e civiltà di cui parla efficacemente nei suoi testi Remi Brague che lo considera la rivelazione più profonda dell‘essenza di Roma al mondo. Una tale dinamica feconda si svolge tra le istanze solo apparentemente opposte delle posizioni politiche, religiose, antropologiche, può essere pensata e organizzata secondo i principi filosofici derivanti dall’esemplarismo, la posizione filosofica e sapienziale che considera le figure esemplari come modelli su cui plasmare l‘agire eticamente guidato allo scopo di avere una vita piena e realizzata. Le figure tradizionali di santi, saggi ed eroi sono rinvenibili in tutte le culture, in particolare nel cristianesimo sin dalle origini le vite dei santi prima ancora che le opere teologiche e ascetiche offrivano ai fedeli modelli ai quali ispirare la propria condotta.

Questa dinamica è propria dell’etica delle virtù, che affonda le proprie radici nel pensiero di Platone e Aristotele e raggiunge la sua vetta nell’opera di Tommaso d‘Aquino, in particolare nel suo Commento all’Etica Nicomachea e nella Seconda Parte della Summa Theologiae. La teologia della tenerezza del Papa trae energia feconda da questa visione dell’etica incentrata sulle virtù che dopo un periodo di oblio accademico rinasce in particolare nel XX secolo come risposta ai limiti del normativismo kantiano e della ridotta visione dell’umanità e della persona tipica degli utilitaristi come connessione feconda tra le sfere della relazione, dell’emotività, della paideia. Un tale approccio concreto e proprio per questo filosofico, consente di creare un filo relazionale resistente ed emotivamente proficuo tra persone non distanti ma che, come ha scritto MacIntyre, si sentono originariamente  dipendenti. Proprio quel MacIntyre che viene frainteso e utilizzato a sproposito da Rod Dreher autore de L‘opzione Benedetto e dai comunitaristi che vorrebbero abbandonare la polis in quanto ormai corrotta e luogo ostile ai cristiani, che quindi non comprendono la radice del ritorno alla virtù operato negli anni Ottanta da MacIntyre prima volgendosi ad Aristotele e poi scorgendone i limiti optando per l’antropologia relazionale e fondata sulla dipendenza originaria tra persone delineata in Animali razionali dipendenti. Il padrone del mando di Hugh Benson è stato più volte evocato da Papa Francesco come efficace cifra simbolica dei nostri tempi inquieti, nei quali fazioni interessate sfruttano le tensioni per creare un clima di scontro e una dinamica di ostilità.

La risposta del Magistero papale è oggi come al tempo di Giovarmi Paolo II e di Benedetto XVI che in ogni conflitto tra uomini le fazioni non devono diventare nemici irriducibili il cui unico scopo è la mutua distruzione. Entrambe le parti in una disputa polarizzata secondo il pensiero di Guardini possono invece sempre aprirsi con maggiore fiducia all‘altro, in una dinamica di agonismo polarizzato evocazione di una relazione più profonda, incentrata sul dialogo e sulla misericordia. La misericordia degli uomini è però sempre seconda, è sempre preceduta dalla grazia, tante volte sottolineato dal Papa che in questo dona sempre nuove sfaccettature a un fecondo ripensamento dell‘agostinismo. «II primerea della grazia — scrive Borghesi — si chiarisce come un punto fondamentale del suo magistero. I suoi avversari che lo hanno accusato di essere un pelagiano, un gesuita molinista, un modernista che teorizza il primato della prassi, documentano, oltre che malafede, una profonda dose di ignoranza. Dio ci anticipa sempre: questo è l‘insegnamento del Papa». Il tema del pelagianesimo è attualissimo come rischio di un ottimismo cieco verso i limiti della natura umana, come ben rappresentato dalla posizione recente e tra tante forse la più nota di Yuval Noah Harari che ritiene la divinizzazione un obiettivo a portata degli uomini ipertecnologici contemporanei. In questo senso l‘attenzione verso i rischi delle diverse declinazioni della presunta autosufficienza degli uomini dettata dalla gnosi tecnologica e al tempo stesso l‘idolatria del creato è ricorrente negli scritti magisteriali degli ultimi anni, in particolare nell‘enciclica Laudato sì, ed è un tema su cui coloro i quali — come chi scrive — si occupano di etica, antropologia filosofica e filosofa politica non cessano di interrogarsi trovando nuovi spunti in un dialogo fecondo con il pensiero contenuto nei documenti del magistero.

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