Borghesi e la sua ricerca sul teologo Romano Guardini

Riporto l’intervista su Guardini che ho rilasciato a Nicola Rosetti, pubblicata su Ancoraonline.it con il titolo “Il filosofo Massimo Borghesi e la sua ricerca sul teologo Romano Guardini” e poi su Frammenti di Pace.

 

“Romano Guardini. Antinomia della vita e conoscenza affettiva” (Ed. Jaca Book) è il titolo dell’ultimo saggio del Prof. Massimo Borghesi, uno dei più importanti filosofi cattolici in Italia, dedicato al grande teologo italo-tedesco.

La riflessione di Guardini ha influenzato in larga misura non solo la teologia del Novecento, ma anche il pensiero degli ultimi due Pontefici: Benedetto XVI e Francesco. Per conoscere qualcosa in più di questa straordinaria figura, abbiamo intervistato l’autore del volume.

Cosa l’ha spinta a scrivere un altro libro su Romano Guardini?

Il lavoro, in realtà, era in gestazione da tempo. È stato preceduto da diversi saggi che approfondivano aspetti che, rispetto al mio libro del 1990 “Romano Guardini. Dialettica e antropologia”, meritavano maggiore attenzione.

Tanto più che nel frattempo, dal ‘90 ad oggi, l’editrice Morcelliana, curatrice dell’Opera omnia di Guardini, ha pubblicato una serie di traduzioni e di inediti dell’autore che consentivano di rileggere aspetti essenziali della riflessione guardiniana in forma profondamente nuova.

Il mio nuovo volume traccia un percorso biografico-speculativo che consente di delineare il processo ventennale, dal 1905 al 1925, che ha condotto Guardini all’elaborazione della sua idea sulla vita come tensione antinomica, polare, tra opposti. Una tensione unitiva la cui meta è una “conoscenza affettiva”, che riconosce la fondamentale tensione tra verità e libertà, oggettività e soggettività, essere e valore.

Il cattolicesimo indica per lui una prospettiva integrale, una “complexio oppositorum” in grado di mantenere la tensione unitiva tra gli opposti impedendo che divengano fonte di contraddizione.

Una prospettiva molto attuale in un tempo, il nostro, in cui la crisi dell’astratta omogeneità della globalizzazione sta producendo, per reazione, l’esplodere di particolarismi identitari, confliggenti tra di loro.

Secondo lei, Guardini è sufficientemente studiato nelle Pontificie Università?

Penso di no. Quanto meno non mi risulta. Ci sono eccezioni, naturalmente. Singoli docenti che ne hanno approfondito il pensiero. Quello che sfugge è l’attualità della sua prospettiva, una modalità di trasmettere la verità del cristianesimo con una valorizzazione profonda della libera soggettività. Le Facoltà Pontificie potrebbero trarre un utile apporto dal suo modello che unisce Agostino e Tommaso, eros e logos, fuori dalla polemica che ha diviso il pensiero cristiano del ‘900.

Un altro punto chiave è dato dalla sua opzione per il modello agostiniano-bonaventuriano di Redenzione in alternativa a quello giuridico anselmiano. È la stessa opzione – Dio come Misericordia – che ha orientato il pontificato di Benedetto XVI e, oggi, quello di Francesco. Ambedue i papi, non a caso, sono grandi estimatori di Guardini.

La sua figura è conosciuta nelle facoltà di Filosofia delle Università Statali?

Anche in questo caso occorre parlare di eccezioni. Ad esempio Silvano Zucal, dell’Università di Trento, ha dedicato libri e numerosi saggi a Guardini. E, con lui, anche diversi collaboratori dell’Opera omnia. Un altro docente che si è distinto negli studi pedagogici guardiniani è Carlo Fedeli dell’Università di Torino. Detto ciò, è vero che Guardini resta ancora un autore ignoto, nonostante la sua nascita a Verona, in Italia.

Il problema è la non conoscenza della sua filosofia della polarità vivente, il nucleo della sua speculazione. Qui c’è molto lavoro da fare. Il modello guardiniano presenta molte analogie con analoghi tentativi di Georg Simmel e di Karl Jaspers, decisamente più conosciuti.

Occorre “estrarre” Guardini dal quadro degli studi di carattere “religioso” e rilanciarlo nel dibattito filosofico del ‘900 e in quello contemporaneo. Questo non significa che il Guardini autore di testi teologico-religiosi sull’essenza della fede e del cristianesimo sia meno importante. Tutt’altro. Significa solo che la sua riflessione, anche quella di carattere teologico, assume una sua peculiarità se letta in rapporto alla sua produzione filosofica.

Qual è a suo avviso il più importante contributo di Romano Guardini nella ricerca teologica del Novecento?

La centratura su Cristo di tutta la riflessione teologica in un modo assolutamente esistenziale e storico. Nel suo volume su Pascal, Guardini scrive: «Non è possibile scindere la “verità cristiana” dal Cristo storico. La dottrina cristiana rimane cristiana soltanto finché viene colta, per così dire, dalle labbra di Gesù Cristo; fintantoché viene intesa come vivente di Lui, del suo essere e agire. Non c’è una “essenza del cristianesimo” che sia scindibile da Gesù Cristo – sottolineo e ripeto, che sia scindibile da lui – e tale da potersi esprimere in un sistema concettuale autonomo. L’essenza del cristianesimo è Lui. È ciò che egli è; ciò che vive in Lui e intorno a Lui, sentito dalla sua viva voce e letto dal suo volto».

In che modo il pensiero di Romano Guardini ha influito su Papa Francesco?

Jorge Mario Bergoglio scopre il Guardini filosofo nel 1986, allorché si reca a Francoforte, in Germania, per fare una tesi di dottorato su “Der Gegensatz”, l’opera guardiniana del 1925 dedicata alla polarità vivente. Per lui è una scoperta che segnerà tutta la sua riflessione successiva.

Ne parlo nel mio volume “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale” (Jaca Book 2017). Bergoglio aveva già allora una visione “dialettica” della vita ecclesiale e sociale derivata da Gaston Fessard. La prospettiva di Guardini arricchisce la sua visione e diviene un punto fermo del suo pensiero.

Guardini è un autore chiave del pensiero di Francesco. La sua visione sintetica, che unisce i poli impedendo che si risolvano in contraddizioni insanabili, rappresenta il paradigma cattolico che Francesco tiene costantemente presente per le questioni economiche, politiche ed ecclesiali.

Il bene comune e il bene della Chiesa, la pace sociale e politica nel mondo richiedono una tensione ideale e unitiva che stemperi i contrasti riconoscendo le diversità. È l’universale concreto, il poliedro che Francesco indica sempre come modello di integrazione. Questo è il modello di pensiero di Papa Francesco.

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