Charles Péguy, dossier di “Studium” a 150 anni dalla nascita

La rivista “Studium”, nel numero 3, luglio-settembre 2023, ha dedicato un dossier, da me curato, a Charles Péguy. A 150 anni dalla nascita, con contributi di Alessandro Banfi, Ubaldo Casotto, Pigi Colognesi, Giuseppe Frangi, Agostino Molteni, Antonio Socci, Giaime Rodano. Il dossier, diviso in due parti, “Un cristiano sulla soglia” e “Giaime Rodano lettore di Péguy”, costituisce un omaggio al grande francese la cui ricorrenza dei 150 anni della nascita avrebbe certo meritato una maggior attenzione nel panorama culturale italiano. Il numero della rivista può essere ordinato telefonando a 06/6865846 o scrivendo a amministrazione@edizionistudium.it

Riportiamo qui l’Introduzione al dossier priva dell’apparato critico.

________________________

Charles Péguy nasce ad Orléans il 7 gennaio 1873, 150 anni fa, e muore nella battaglia della Marna il 5 settembre 1914. L’anniversario consente di riportare l’attenzione su colui che è stato, forse, il più grande poeta cristiano del ’900, brillante polemista e saggista, autore dalla lingua e dalla prosa uniche. Hans Urs von Balthasar gli eleva, nel terzo volume di Gloria, un vero e proprio monumento.

Egli attua in campo cattolico precisamente la stessa svolta polemica contro lo “spirito del sistema” che Kierkegaard aveva appena attuato contro l’hegelismo. Rappresenta in tal modo lo stesso interesse esistenziale di Kierkegaard ma con un ancoraggio alla bibbia più radicale di quello del danese, di cui evita l’errore della divisione tra estetica ed etica (e religione). Come per Hamann, e in modo più fondamentale ancora, per Péguy l’estetico e l’etico sono nel profondo identici, e questo in base alla incarnazione di Dio in Cristo: lo spirituale deve farsi carne, l’invisibile deve mostrarsi nella forma.

Grazie a questo realismo egli diviene il crocevia, il punto d’incontro tra cristianesimo e mondo, tra cristiani e pagani, credenti e laici.

L’influenza di Péguy raggiunge pagani, ebrei e cristiani, e anche quando i non cristiani non lo capiscono, non possono tuttavia dividerne gli aspetti e ritenere il suo estetico senza il suo etico-religioso. Egli è indivisibile, e sta perciò dentro e fuori la chiesa, è la chiesa in partibus infidelium, dunque là dove essa dev’essere. Egli lo è grazie al suo radicamento nel profondo dove mondo e chiesa, mondo e grazia si incontrano e si penetrano fino a rendersi indistinguibili. Forse, dopo la lunga storia delle variazioni platoniche nella storia cristiana dello spirito, la chiesa non si è mai insediata in modo altrettanto deciso nel mondo, dove però l’idea di mondo rimane libera da ogni sfumatura di acritico entusiasmo, da ogni mitologia ed erotologia, come pura da ogni ottimistica fede nel progresso.

Secondo Balthasar «poiché Péguy affonda in una zona che sta al di sotto di tutte le antinomie superficiali, egli resta, per tutti quelli che non sono in grado di seguirlo fin laggiù, uno spirito estremamente contraddittorio oppure il conciliatore di qualsiasi inconciliabilità: comunista e tradizionalista, internazionalista e nazionalista, estremo di sinistra ed estremo di destra, uno che sente con la chiesa e un anticlericale, un mistico e un giornalista arrabbiato, e via dicendo. Ma per chi può vedere il suo profilo profondo, tutte le sue linee apparentemente in urto tra loro si ordinano come tanti raggi che puntano a un centro. Partendo da questo centro egli risolve tutte le opposizioni. Partendo da lì egli si può permettere un humor che inumidisce ogni cosa, un humor che è meno intellettuale di quello di Chesterton, meno complicato di quello di Claudel, una specie di superiore astuzia e bonarietà contadina, mediante la quale egli si distacca da tutta l’intellighenzia clericale-anticlericale che gli sta attorno come l’unico che è rimasto ben piantato nella sua terra, come un incarnato perpetuo».

Il dossier che la rivista “Studium” dedica al grande autore francese vuole rappresentare un omaggio alla sua figura e alla sua opera. Figura ed opera che finalmente anche in Italia, come documenta la grande mostra al Meeting di Rimini dell’agosto 2014 e quella più recente del 2023, stanno progressivamente ricevendo la giusta attenzione. Abbiamo diviso il dossier in due parti. La prima è dedicata al “cristiano” Péguy, alla sua testimonianza singolare, unica, che tanto doveva irritare il giovane Maritain e il cattolicesimo del tempo. La seconda parte rende invece omaggio ad un illustre studioso di Péguy in Italia: Giaime Rodano venuto a mancare nel luglio 2021. Rodano, che aveva assorbito dal padre Franco la passione per Péguy, è stato un pioniere degli studi sull’argomento.

I materiali del dossier sono editi ed inediti. Tra i testi inediti, oltre ai contributi di Ubaldo Casotto, Pigi Colognesi, Giuseppe Frangi e Agostino Molteni, vi è la registrazione dell’incontro su Charles Péguy. Un genio cristiano, promosso dal Centro Culturale di Milano, che si è effettuato il 23 febbraio 2021 in videoconferenza. Il colloquio, che ha visto la partecipazione di Giaime Rodano, Alessandro Banfi, Pigi Colognesi, Alessandro Tombolini, ha preso l’avvio dalla raccolta di testi di Péguy Il fazzoletto di Véronique. Antologia della prosa. Esso è stato anche l’occasione per uno scambio epistolare tra me e Giaime Rodano su Péguy di cui diamo notizia nella Postilla finale. Tra i saggi già editi c’è il mio Péguy, il laico, il cristiano, tratto dal numero 91 di “Prospettiva Persona” del 2015 dedicato integralmente a Dopo Péguy. In presenza di Péguy. “Non si era mai parlato così cristiano”. Oltre a questo figurano due testi, un articolo di Antonio Socci, Péguy a Orléans, e una intervista a Giaime Rodano a cura di Pina Baglioni (Péguy e la sinistra in Italia), difficilmente reperibili perché tratti dal settimanale “Il Sabato” che ha cessato la sua pubblicazione nel 1993. L’attenzione de “Il Sabato” a Péguy sarà rilevata, dopo la sua chiusura, dal mensile “30 Giorni”. Entrambe le testate hanno svolto, negli anni ’90 e nella prima decade del 2000, una funzione preziosa nel promuovere la conoscenza di Péguy in Italia. Una conoscenza, va detto, che oggi trova in papa Francesco un importante punto di riferimento. In più occasioni il Papa argentino si è richiamato a Péguy, alle sue fondamentali intuizioni sul cristiano nel mondo moderno, per indicare il cammino odierno della Chiesa. Péguy diviene qui innanzitutto il poeta della speranza, della seconda delle virtù cardinali. Lo ricorda Francesco in una udienza del settembre 2017:

Un poeta francese – Charles Péguy – ci ha lasciato pagine stupende sulla speranza (cfr Il portico del mistero della seconda virtù). Egli dice poeticamente che Dio non si stupisce tanto per la fede degli esseri umani, e nemmeno per la loro carità; ma ciò che veramente lo riempie di meraviglia e commozione è la speranza della gente: «Che quei poveri figli – scrive – vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio domattina». L’immagine del poeta richiama i volti di tanta gente che è transitata per questo mondo – contadini, poveri operai, migranti in cerca di un futuro migliore – che ha lottato tenacemente nonostante l’amarezza di un oggi difficile, colmo di tante prove, animata però dalla fiducia che i figli avrebbero avuto una vita più giusta e più serena. Lottavano per i figli, lottavano nella speranza.

Péguy è il poeta della speranza fondata sull’incarnazione, sull’amore di Cristo al mondo. Da qui la sua appassionata critica al clericalismo, ad una fede falsamente “spirituale”. Come ha detto nel 2019, al termine del Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia:

C’è sempre un gruppo di cristiani di “élite” ai quali piace intromettersi, come se fosse universale, in questo tipo di diagnosi. In quelle più piccole, o in quel tipo di risoluzione più disciplinare intra-ecclesiastica, non dico inter-ecclesiale, intra-ecclesiastica, e dire che ha vinto questa o quell’altra sezione. No, abbiamo vinto tutti con le diagnosi che abbiamo fatto e fino a dove siamo giunti nelle questioni pastorali e intra-ecclesiastiche. Ma non ci si chiuda in questo. Pensando oggi a queste “élite” cattoliche, e cristiane a volte, ma soprattutto cattoliche, che vogliono andare “al piccolo” e si dimenticano del “grande”, mi è venuta in mente una frase di Péguy e sono andato a cercarla. Cerco di tradurla bene, credo che ci possa aiutare, quando descrive questi gruppi che vogliono “la piccola cosa”, e si dimenticano della “cosa”. «Poiché non hanno il coraggio di stare con il mondo, loro credono di stare con Dio. Poiché non hanno il coraggio di impegnarsi nelle opzioni di vita dell’uomo, credono di lottare per Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare Dio».

Nell’invitare alla lettura del dossier ho il dovere di ringraziare il dott. Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano, per aver fornito la registrazione del colloquio del 23 febbraio 2021 e autorizzato la sua pubblicazione [mb].

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *