È uscito, a cura di Gianluca Cuozzo e Antonio Dall’Igna, il volume “Metafisici torinesi”, edito da Mimesis. Il volume, con saggi su Martinetti, Mazzantini, Guzzo, Mathieu, Pareyson, Riconda, comprende un mio saggio dal titolo: «Manicheismo e violenza. L’itinerario di Augusto Del Noce» (pp. 61-73).
Riporto qui la premessa del saggio:
«Autore complesso, geniale nell’indicare genealogie e percorsi ideali inesplorati, Augusto Del Noce appare disorientante a chi cerchi di delineare l’unità di un pensiero. Mi permetto qui di avanzare un’ipotesi, per quanto ne so inusuale. L’elemento di fondo del pensare delnociano, la sua spinta ideale, non sta, come egli ha ripetuto più volte a proposito di ogni dottrina filosofica, nel desiderio di conoscere, in una gnoseologia, quanto in un’affermazione morale, nel suo caso nel rifiuto di “ogni complicità con il male”. È questa posizione che lo porta all’incontro e all’amicizia, nel 1935, con Aldo Capitini, nobile figura di antifascista, teorico della non violenza. Al punto da affermare, a distanza di molti anni, “che è proprio la sensibilità al problema della violenza […] che distingue i filosofi autentici dai filosofi accademici”. Nello scambio epistolare con Norberto Bobbio, poco prima della morte, scriverà che “una comune avversione l’abbiamo avuta fin dalla prima giovinezza, quella per il dominio della forza; anche per una forza che si presenti strumentale per un maggior bene, e in realtà non riesce mai ad essere tale”. È questa “avversione” che permette di scandire il percorso esistenziale, teologico, politico, filosofico di Del Noce. Dall’opposizione morale al fascismo, dopo la guerra di Etiopia, nel 1936, nella misura in cui “quel che il fascismo affermava era un regno universale della forza, l’elevazione della violenza pura a valore”. Alla delusione verso la Resistenza (vista inizialmente come una primavera) dacché tradiva quell’identità, per lui basilare, tra antifascismo e non violenza. All’opposizione e alla critica del marxismo, per la risoluzione dell’etica nella politica e per la sua giustificazione della violenza. Ripercorrendo le varie tappe del filosofo è possibile così rintracciare una sorta di filo rosso: il rifiuto della violenza, la non complicità con il male, come motivo di fondo della sua riflessione. Questa persuasione morale è l’orizzonte da cui si diparte il cammino del suo pensiero. Da qui, ed è l’aspetto che vorremmo sottolineare nella misura in cui risulta trascurato nel quadro degli studi sull’autore, l’incontro con le categorie del pensiero gnostico, come le più adeguate per intendere la forma nuova che la violenza assume nel corso del ventesimo secolo».
Sinossi del volume
Sommario
Gianluca Cuozzo, Antonio Dall’Igna, Introduzione
Amedeo Vigorelli, L’eterno nel tempo. La metafisica di Piero Martinetti (1872-1943)
Rosanna Finamore, Le attenzioni metafisiche di Carlo Mazzantini (1895-1971)
Luca Bagetto. Decidere la trascendenza. Augusto Guzzo (1894-1986) critico di Bergson
Massimo Borghesi, Manicheismo e violenza. L’itinerario di Augusto Del Noce (1910-1989)
Francesco Tomatis, Pareyson (1918-1991) e la metafisica
Giuseppe Riconda, Vittorio Mathieu (1923-2020)
Gianluca Cuozzo, Le avventure della speranza. Un percorso nella filosofia di Giuseppe Riconda