Gli ultimi tre papi in mezzo ai teocon

C’è una crisi della Chiesa che attraversa gli ultimi 25 anni, caratterizzata da un’ideologia “cristianista” volta a usare l’Altare per puntellare il Trono. Ne parla Maria Antonietta Calabrò (nella foto), giornalista e saggista, citando il mio ultimo volume in un suo articolo pubblicato nel suo blog all’interno del sito dell’Huffington Post.

Maria Antonietta Calabrò al Corriere della Sera ha scritto migliaia di articoli su politica interna, riforme istituzionali, attualità, sicurezza, Vaticano. Premio Saint Vincent 2001 per il giornalismo. Ha pubblicato: In prima linea (Sperling & Kupfer, 1993) sulla stagione di Manipulite e dell’Antimafia; Le Mani della Mafia (Chiarelettere, 2014) sulla bancarotta del Banco Ambrosiano, l’omicidio di Calvi e lo IOR; I segreti del Vaticano (Corriere della Sera, 2012); Moro, il caso non è chiuso (Lindau, 2018). Website: www.justout.org.

 

Huffingtonpost.it, mercoledì 7 aprile, Gli ultimi tre papi in mezzo ai teocon (Maria Antonietta Calabrò)

Mentre Papa Francesco presiedeva la Liturgia della Passione, lo scorso Venerdì Santo, 2 aprile, il predicatore della Casa Pontificia ha invitato i vescovi e tutti i cattolici a esaminare le loro coscienze sui modi in cui possono danneggiare l’unità della Chiesa cattolica.

La protezione di Dio, ha detto, “non scusa le nostre divisioni“, ma le rende ancora maggiormente degne di condanna e dovrebbe ispirare maggiori sforzi per sanarle.

“La causa più comune delle aspre divisioni tra i cattolici”, ha aggiunto a sorpresa, “non sono i dogmi, né i sacramenti e i ministeri, nessuna delle cose che per singolare grazia di Dio preserviamo pienamente e universalmente”.

Invece, ha detto, “le divisioni che polarizzano i cattolici derivano da scelte politiche che si trasformano in ideologie che hanno la priorità su considerazioni religiose ed ecclesiali e portano al completo abbandono del valore e del dovere di obbedienza nella Chiesa”.

“Questo è peccato nel suo significato originario”, ha affermato Cantalamessa, nominato da Giovanni Paolo II e creato cardinale da Francesco.

“Quando viene data priorità al sostegno a candidati politici, partiti o politiche rispetto all’edificazione del regno di Dio e all’unità del suo corpo, la chiesa, è tempo di un serio esame di coscienza e di conversione”, ha concluso.

All’apparenza la predica del Venerdì Santo è potuta sembrare eccessiva, se non addirittura inappropriata vista la giornata, eppure dopo tre giorni è stata nella sostanza “ripresa” in una intervista alla tv cattolica spagnola Cope dal Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Ma se si legge con attenzione il libro del professor Massimo Borghesi Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo», si comprenderà che Cantalamessa non è stato affatto esagerato e che la “crisi della Chiesa” cui ha fatto riferimento, ha attraversato gli ultimi venticinque anni e tutti e tre gli ultimi papati. In ogni caso a partire dalla Caduta del Muro di Berlino, e dalla pubblicazione della Centesimus Annus l’Enciclica sociale di Giovanni Paolo II, fino ai primi vent’anni del Terzo millennio.

Si tratta di un fenomeno che è iniziato infatti nella fase finale del Pontificato del Papa polacco, attraversando con una ben visibile linea rossa (delineata compiutamente da Borghesi nella sua valenza filosofica e teorica) che potremmo definire quella della manipolazione “teocon” della Chiesa cattolica.

Cioè un’ideologia cristianista volta a usare l’Altare per puntellare il Trono, cioè il potere politico innanzitutto della destra americana. Una corrente di pensiero che ha avuto protagonisti principali (da Michael Novack a George Weigel) e minori negli Usa. In Italia, da Pera a Quagliariello a Gotti Tedeschi. E che ha tentato con successo di narrazione mediatica di appropriarsi degli anni di Benedetto XVI, fino a che il vecchio papa teologo ne ha preso formalmente e per iscritto le distanze (al di là dei rapporti personali).

Anzi, in un certo senso Ratzinger ne è stato anche la prima vittima ma, alla fine, non si è prestato. Tanto che i teocon, come dimostrato da Borghesi, sono stati molto critici con la sua ultima Enciclica la “Caritas in Veritate” quella che, come ho scritto su Huffpost, Ratzinger fece rileggere a Mario Draghi.

È una tesi esagerata? Forse non così azzardata, visto che un personaggio che ha giocato un ruolo centrale in tutti questi anni anni è stato l’arcivescovo Carlo Maria Viganò (per vent’anni e fino al 2009, Capo del personale della Segreteria di Stato, poi Nunzio negli Stati Uniti, fino al 2016) e protagonista della crisi finale del Pontificato di Benedetto XVI. Cercò di diventare Segretario di Stato all’inizio del Pontificato di Francesco (come si leggeva nel 2013 sulle colonne del Corriere della Sera), per poi sferrargli attacco senza precedenti a partire dall’agosto 2018, trovando l’appoggio di Steve Bannon e di Donald Trump.

L’elezione del cattolico Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti (un dem che paradossalmente ha citato nel discorso inaugurale una citazione di Sant’Agostino, caro a Ratzinger) ha rovesciato le carte in tavola in questa storia, ma comprendere le linee di interessi e di pensiero sottostanti alla perdurante crisi della chiesa cattolica (con i suoi scandali finanziari e non) è molto utile per capire cos’è accaduto.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *