Il Corriere della Sera attacca duramente Comunione e Liberazione e parte della sinistra per le critiche al riarmo europeo espresse dal presidente della Fraternità di CL Davide Prosperi, accusandole di neutralismo e di ostacolare l’integrazione militare UE. Antonio Polito e Angelo Panebianco (nella foto) vedono in CL, sinistra pacifista e populismi una «coalizione degli svogliati» che rifiuta i costi della difesa comune. Dietro c’è la storica diffidenza dell’élite liberale verso le culture popolari cattolica e di sinistra, accusate di anti-atlantismo. Vi propongo questo articolo che ho pubblicato sul quotidiano online IlSussidiario.net.
IlSussidiario.net, martedì 1 aprile, GUERRA E RIARMO UE/ 2. Cosa c’è dietro le critiche del Corriere alla sinistra e a CL (Massimo Borghesi)
Una lettera del presidente di Cl sul riarmo è finita nel mirino di due editorialisti del “Corriere della Sera”. Ci sono ricorsi che aiutano a capire
Due sono davvero troppe. Due critiche, a distanza di tre giorni, del Corriere della Sera a Comunione e liberazione per la lettera a Repubblica (Una strada realistica per la pace, 16 marzo 2025) in cui Davide Prosperi criticava il progetto europeo del riarmo, sono troppe. Nella polemica con l’attuale responsabile nazionale di Cl sono intervenute due penne di vaglia del giornale, Antonio Polito (Le nostre antiche tentazioni, 26 marzo 2025) e Angelo Panebianco (Europei sul serio, 31 marzo 2025).
Nella sua lettera, Prosperi solleva serie perplessità sull’opportunità del riarmo europeo richiamandosi esplicitamente alla posizione del Papa. Tanto è bastato per incorrere nelle critiche di Polito. Secondo l’illustre opinionista siamo di fronte ad “Una ‘coalizione degli svogliati’ che si contrappone a quella dei ‘volenterosi’ che Francia e Regno Unito stanno tentando di mettere insieme. E non si può spiegare solo con bassi motivi di politica interna, visto che unisce il diavolo e l’acqua santa, Schlein e Salvini, i Cinquestelle e Comunione e Liberazione. Forse la spiegazione sta nell’antica e radicata tentazione ‘neutralista’ presente in tutte le maggiori culture politiche del nostro Paese, che concepisce l’Europa solo come un’ottima scusa per non stare né di qua né di là, e continuare a fare i free riders che godono dei vantaggi della pace e rifiutano i costi”.
Torna qui l’annosa e vetusta polemica che, da sempre, l’élite liberale nutre verso le componenti “popolari” del Paese, quella rappresentata dalla sinistra e quella cattolica, accusate, entrambe, di “neutralismo”, pacifismo, scarso senso dell’Occidente.
È la stessa accusa che torna nell’articolo di Panebianco per il quale “Già ora possiamo identificare con nomi e cognomi quelli di noi che sono pronti, condizioni permettendo, a recarsi a Mosca per baciare l’anello di Putin”. Panebianco è preoccupato per i sondaggi i quali, come mostrava Alessandra Ghisleri su La Stampa (30 marzo 2025), documentano che il 94% degli italiani è contrario all’invio di truppe in Ucraina. Per questo se la prende con le tre “minoranze” – non più componenti “popolari” – che “lavorano perché l’Italia resti inerme, indifesa”. Secondo l’opinionista “C’è l’irenismo cattolico animato non solo, secondo tradizione, dai cattolici post-dossettiani (Dossetti fu il grande avversario di De Gasperi al momento della scelta atlantica) ma che coinvolge anche altri gruppi. Antonio Polito (Corriere del 28 marzo) ha ben colto il fatto che il pacifismo integrale e, con esso, il ripudio del lascito degasperiano, coinvolgano ormai anche gruppi cattolici come Comunione e Liberazione, di tutt’altra ispirazione rispetto ai post-dossettiani. La seconda corrente è rappresentata dalle forme di impegno politico vecchie (i reduci delle battaglie comuniste d’antan) e nuove (i cosiddetti populisti di destra e di sinistra) contrarie all’aumento delle spese militari; la terza corrente è animata dalla lobby russa, l’insieme di forze politiche e di operatori economici interessato a normalizzare senza condizioni i rapporti dell’Italia con la Russia”.
Queste tre componenti, pur diverse tra loro, hanno, secondo Panebianco, “in comune un atteggiamento che oscilla fra l’indifferenza e l’ostilità per la democrazia liberale. Ciò spiega perché nessuna di queste correnti percepisca il potere autocratico russo come un pericolo. Paghiamo il fatto che in questo Paese la tradizione liberale sia sempre stata minoritaria”. La sinistra cattolica, Comunione e Liberazione, la sinistra laica, populisti filo-putiniani, tutti sono potenziali avversari della democrazia ”liberale”, nemici dell’Europa, complici con il nemico.
Panebianco ne è persuaso, la Russia si prepara ad invaderci. “Comunque finisca il conflitto in Ucraina, la Russia, con la sua economia di guerra, non si fermerà. L’attesa è che entro pochi anni ricomincerà a espandersi militarmente a scapito di altri Paesi europei (per ricostituire, come vuole Putin, l’impero perduto con il crollo dell’Unione Sovietica). Molti italiani pensano che la cosa non li riguardi ma si sbagliano. Sia perché ne potrebbe derivare una conflagrazione generale che coinvolgerebbe anche l’Italia. Sia perché, se anche ciò non avvenisse, una espansione militare della Russia (non più bloccata dall’America) nell’Est Europa proietterebbe la sua influenza anche ad Occidente. Crescerebbe la spinta alla ‘finlandizzazione’ (come si diceva ai tempi della Guerra fredda) dei Paesi europei-occidentali o di alcuni di essi”.
Tanta certezza in un navigato opinionista politico non può non sorprendere. Può realmente Panebianco pensare che la Russia, la quale riesce con difficoltà ad avere la meglio sull’Ucraina, sia in grado di sfidare la Nato, cioè l’Europa e gli Stati Uniti insieme? Se queste sono le argomentazioni che portano a giustificare il piano di riarmo europeo allora andiamo male.
I giornalisti del Corriere, divenuti improvvisamente novelli degasperiani, criticano la sinistra e Cl – perché, viene da chiedersi, non altri movimenti cattolici, perché non il Papa? – di disfattismo. Sembra di tornare al contesto che precede la prima guerra mondiale, lo stesso che si è ripetuto nel 2003 in occasione della guerra dei volonterosi di allora contro l’Iraq. In quell’occasione il direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli scrisse, il 9 febbraio di quell’anno, un editoriale molto coraggioso dal titolo Le ragioni per dire no. No alla guerra che la gran parte della stampa nazionale auspicava come necessaria e giusta.
Gli rispose subito, il 12 febbraio, Giuliano Ferrara, allora direttore de Il Foglio, con un articolo dal titolo Solo legittima difesa, per richiamarlo al suo dovere di paladino dell’Occidente e di Israele. Il 29 maggio de Bortoli lascerà la direzione del Corriere che tornerà ad allinearsi al mainstream di allora.
Questo per dire come le critiche di oggi, rivolte alle coalizioni degli “svogliati”, ricordano pagine già viste. Per questo è importante chiarire che ciò che è in discussione oggi non è la difesa europea – esiste già e si chiama Nato – ma un piano di riarmo sgangherato che si muove lungo vie nazionali, non integrate, destinato ad aumentare in maniera esponenziale il peso non solo economico ma anche militare della Germania in Europa. Destinato a creare pericolosi squilibri tra gli Stati europei.
Si può discutere di questo? E, al contempo, si può chiedere all’Europa di non ostacolare l’iniziativa diplomatica americana verso la Russia? Non è detto che arrivi a buon fine e, tuttavia, si deve tentare. Queste sono le vere questioni sul tappeto. Il resto è diversivo, appartiene ad una dialettica ideologica fuori luogo, già vista, che tuttavia si ripropone ogni volta che scoppia un conflitto che coinvolge l’Occidente.