L’ultimo numero di «Vita e Pensiero» (6/2019) pubblica un mio saggio su “L’identitarismo e il muro dell’agnosticismo” (pp. 80-84). Vi analizzo tre opere recenti per riflettere sul peculiare agnosticismo che caratterizza il momento presente:
Breve apologia per un momento cattolico (Morcelliana 2019) di Jean-Luc Marion
L’Europa è ancora cristiana? Cosa resta delle nostre radici religiose (Feltrinelli 2019) di Oliver Roy
La scommessa cattolica (Il Mulino 2019) Mauro Magatti e Chiara Giaccardi (nella foto)
Segnalo per inciso che lo stesso intervento è disponibile in linqua spagnola su paginasdigital.es (link).
Ecco i primi capoversi del mio intervento.
«Vita e Pensiero», 6/2019, L’identitarismo e il muro dell’agnosticismo (Massimo Borghesi)
Una delle accuse che tornano tra i critici di papa Francesco è quella per cui le chiese, sotto il suo pontificato, non si sono affatto riempite. La secolarizzazione non si arresta, i giovani sono lontani, il numero dei credenti diminuisce e non cresce. Di ciò sarebbe direttamente responsabile il Papa con il suo anteporre la misericordia alla verità, con il suo buonismo rinunciatario che porterebbe all’oblio della grande tradizione della Chiesa. Sarebbe facile obiettare che anche con Giovanni Paolo II le piazze erano piene e le chiese erano vuote. Né con Benedetto XVI abbiamo assistito a una inversione di tendenza. In realtà chi accusa il Papa a partire dalle variazioni in borsa delle azioni dei credenti pecca, suo malgrado, di papolatria. I processi spirituali che segnano la vita della Chiesa non dipendono certo dalla figura del pontefice e il trend verso la decristianizzazione dell’Europa, che coinvolge tutto l’Occidente, Stati Uniti compresi, non è cosa di oggi. Va avanti dal mutamento antropologico degli anni Settanta del secolo scorso, subisce un’accelerazione negli anni Ottanta-Novanta, diviene generalizzato nel nuovo millennio. Siamo di fronte a un processo che, in apparenza, si presenta come irreversibile. Non si tratta di ateismo, come poteva essere negli anni Settanta dominati dal marxismo. Siamo piuttosto di fronte a un agnosticismo vissuto, inconsapevole, che non si pone il problema religioso per la semplice ragione che non ne ha più notizia né testimonianza diretta.
L’agnosticismo nuovo è diverso da quello kantiano-ottocentesco per il quale non è dato sapere se Dio esista, anche se sarebbe preferibile che lo fosse. Così come è diverso dall’agnosticismo positivistico, che tende a superare lo stesso ateismo dissolvendo, alla radice, le domande metafisiche e l’esigenza del divino. Di Dio non è dato sapere nulla perché non c’è nulla da sapere. L’agnosticismo dei giovani d’oggi è diverso. Diverso anche da quello dei loro genitori che, delusi dalla stagione e dalle utopie del ’68, sono impregnati di un profondo scetticismo. Per i giovani, al contrario, essere agnostici significa non sapere nulla di Dio, né, in Europa, della vita cristiana. Non sono avversi alla fede, anche se non sfuggono ai pregiudizi della tradizione illuminista. Sono piuttosto alieni, distanti, lontani. Appartengono al regno dei senza-religione, i nones, secondo la designazione americana studiata da Guillaume Cuchet nel suo recente articolo La montée des sans-religion en Occident, riproposto qui sopra in traduzione italiana. Il suo saggio si inserisce in un dibattito molto sentito in Francia (cfr. Anne-Laure Zwilling, Les “sans religion”: la nouvelle religion?, in «The Conversation», 1° ottobre 2018; Thomas Mahler, En 2019, les “sans religion” pourraient devenir le premier groupe aux États-Unis, in «Le Point», 19 gennaio 2019; Mélinée Le Priol, Qui sont vraiment les “sans religion”?, in «La Croix», 12 marzo 2019).
I nones sono la maggioranza, aumentano progressivamente, delineano una nuova spiritualità. La secolarizzazione non produce più ateismo, come nell’Ottocento-Novecento, ma indifferenza, distacco antropologico, sensibilità diverse. È questo il terreno su cui tornano talune delle riflessioni più interessanti sull’Europa secolare usciti negli ultimi tempi. Sono tutti accomunati da un filo rosso: il rifiuto del progetto “identitario” come alternativa al secolarismo liquido. (…)