L’intervento ad “Addio a Papa Francesco” su Tv2000

Lunedì 21 aprile ero in collegamento video con Nicola Ferrante che, nello studio di Tv2000, presentava la diretta di Tv2000, “Addio a Papa Francesco”. Ecco il video del mio intervento e una trascrizione dei contenuti.

Nicola Ferrante Vorrei provare a collegarmi con il professor Massimo Borghesi, docente all’Università di Perugia, per chiedergli innanzitutto quali siano i sentimenti in questa giornata segnata dal lutto, forse inatteso, del Papa. Sapevamo che stava male, ma la sua perdita ci lascia sconvolti. Professor Borghesi, buongiorno, l’ascoltiamo.

Massimo Borghesi Buongiorno. Certo, la notizia ci ha colti tutti di sorpresa, anche se le condizioni di salute del Papa erano chiaramente precarie. Ci chiedevamo, infatti, perché continuasse a dedicarsi interamente alla sua missione, anche in questi giorni di Pasqua, nonostante fosse visibilmente provato.

Ferrante Ieri appariva affaticato, non possiamo nasconderlo. Quelle poche parole pronunciate sembravano costargli un grande sforzo, no?

Borghesi Assolutamente. Era una figura visibilmente sofferente. Molti si chiedevano se non fosse giusto che preservasse la sua salute. Ma, forse consapevole della sua estrema fragilità, ha voluto consacrare tutto se stesso alla sua missione, in una sorta di sacrificio, come un compimento del suo pontificato.

Ferrante Professore, come evitare di dissipare, se mi permette il termine, la “rivoluzione Francesco”? Temo che ci sia il rischio di perdere questo patrimonio.

Borghesi Molto dipenderà dal suo successore, che avrà il compito di custodire e valorizzare il patrimonio di cambiamento che Francesco ha impresso alla Chiesa universale. Non è pensabile voltare pagina, tornare al passato o far finta che nulla sia accaduto. Qui c’è uno stile, una sensibilità, un modo di vivere il cristianesimo nella realtà contemporanea che non può essere dimenticato né messo tra parentesi.

Ferrante Qual è, secondo lei, la cifra più distintiva del pontificato che oggi si conclude?

Borghesi Senz’altro il senso di una fede immersa nel popolo di Dio. Francesco ha incarnato una comunicazione immediata, uno stile di “cristiano normale”, una persona comune che porta dentro di sé un tesoro di grazia da condividere. Questa grazia si traduce in una misericordia attiva, operosa, nutrita dalla preghiera ma concretizzata nell’azione, in linea con l’ideale gesuitico, potremmo dire anche ora et labora. È uno stile che incontra la sensibilità di oggi, dalle persone più umili a quelle più colte. Il cristianesimo, per Francesco, si manifesta attraverso una testimonianza semplice, diretta, capace di attrarre, come l’“attrattiva di Gesù” che si comunica per osmosi, attraverso gesti, opere e parole semplici che arrivano al cuore. Non a caso, la misericordia è stata la cifra distintiva del suo pontificato.

Ferrante A proposito di questa attrattiva, in questi anni abbiamo parlato dei cosiddetti “lontani”. In queste ore, leggendo le agenzie, arrivano tantissime dichiarazioni, anche da mondi apparentemente distanti, ma toccati dal pontificato di Francesco. Ammesso che esistano dei “lontani” dal cuore di Cristo, non crede che questo pontificato abbia accorciato le distanze? E che queste conquiste non vadano ora disperse?

Borghesi Certamente. È il paradosso di questo pontificato: Francesco ha raggiunto il cuore dei “lontani”, mentre talvolta non è stato compreso dai “vicini”. I lontani hanno percepito in lui una diversità, una diversità umana e di grazia, in un mondo spesso freddo, distante, ostile. È stato l’ultima grande figura morale, nel senso più alto del termine, e questo è riconosciuto anche da chi non condivideva la sua prospettiva. È stato un Papa che ha suscitato grandi amori e grandi diffidenze, un vero “segno di contraddizione” in senso evangelico. Ma che i lontani lo sentissero vicino è innegabile. Questa mattina ho ricevuto molti messaggi che lo confermano. Francesco non era clericale. Ha sempre stigmatizzato il clericalismo come il grande pericolo per la Chiesa di oggi. Per lui, il cristiano deve essere immerso nella realtà del mondo, non separato, non preoccupato del proprio potere o della propria sopravvivenza. Questo stile di prossimità, di attenzione alle sofferenze di tutti – cristiani e non – lo ha reso un padre universale. La sua perdita lascia un grande vuoto.

Ferrante Grazie, professore. Devo salutarla, ma le chiedo un’ultima cosa: ha un ricordo personale di un incontro con il Papa? Penso, ad esempio, ai suoi incontri nelle parrocchie romane. Se ha avuto la possibilità di conoscerlo, quale gesto o momento di questo pontificato le è rimasto impresso? Su quale istante fermerebbe il tempo?

Borghesi Posso raccontarle un incontro del 2023 a Santa Marta. Abbiamo parlato per oltre un’ora. A un certo punto sono stato io a fermarlo, per non abusare del suo tempo. Mi ha colpito la sua normalità: sembrava un parroco, un prete qualunque, non un’autorità distante. Abbiamo parlato di tutto, con affetto, battute, semplicità. Ecco il “cristianesimo normale” per l’uomo di oggi, capace di affezione e paternità. Era il giorno dell’anniversario del suo pontificato, un momento in cui riceveva telegrammi e saluti da tutto il mondo. Eppure, per quell’ora, ha dedicato a me la sua attenzione totale, come se non ci fosse nient’altro al mondo. Questa capacità di farti sentire al centro è stata straordinaria.

Ferrante Grazie, professor Borghesi, per questo ricordo personale. Lo chiamiamo allora il “parroco del mondo”, anche grazie alle sue parole. La saluto e la ringrazio per essere stato con noi.

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