Paradossale che gli Usa sulla pace facciano le veci dell’Europa. Intervista a La Verità

In questa intervista a La Verità rifletto sul paradosso di un’Europa nata per la pace che oggi ha smarrito il suo ruolo di mediazione. Critico il programma ReArm Europe e la deriva bellicista che tradisce lo spirito di Schuman e De Gasperi. Oggi, paradossalmente, sono gli Stati Uniti a parlare di pace, mentre l’Europa resta silenziosa.

La Verità, giovedì 27 marzo, p. 10,«È paradossale ma gli Usa che spingono per la pace fanno le veci dell’Europa» (Martina Pastorelli)

Il filosofo: “Dei padri fondatori, De Gasperi e Schuman, si è perso lo spirito. Il continente era luogo di mediazione, invece ora predica la guerra continua”

Il controverso programma ReArm Europe con cui l’UE punta tutto sull’industria delle armi sta spaccando anche il mondo cattolico, il quale appare diviso tra l’europeismo convinto della Conferenza episcopale italiana – che assieme numerose realtà tra cui Acli, Azione cattolica e Comunità Sant’Egidio ha aderito alla recente manifestazione convocata a Roma da Michele Serra e appoggiata dalla sinistra – e il pacifismo realistico di papa Francesco, la cui voce continua a risuonare contro tutti i conflitti che insanguinano il mondo, dalla guerra incancrenita in Ucraina alle violenze in Terra Santa. Come conciliare queste due visioni?

Si registrano, è vero, diversità di vedute, talvolta molto sensibili. Tuttavia la posizione del presidente dei vescovi italiani, il cardinale Zuppi, non è assolutamente in contrasto con quella del Papa. Alla recente inaugurazione di “Pieve incontra” il cardinale ha detto: “se prevale la logica della forza nei rapporti fra gli Stati, si agisce per un confronto alla pari, ma al contempo bisogna cercare vie concrete per risolvere i conflitti con il dialogo, l’incontro e la diplomazia”. Sulla guerra in Ucraina l’Europa parla di riarmarsi ma evita in ogni modo la parola dialogo. Il ché in questo momento è paradossale. Quando la diplomazia americana apre finalmente alla soluzione del conflitto la UE, risentita per essere messa da parte, tende a mettersi di traverso. Questo è inaccettabile.

Dall’ospedale dove è ricoverato il Papa è tornato a ribadire che «dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra” e ha invocato riflessione, pacatezza, senso della complessità: tre qualità che oggi mancano, vistosamente, a molti leader europei.

I leader europei hanno mancato, fin dall’inizio del conflitto tra Russia e ucraina, di realismo. Era giusto sostenere l’Ucraina, anche militarmente, ma si dovevano, al contempo, cercare soluzioni di pace. Come si poteva pensare ad una sconfitta della Russia? Una potenza nucleare, con una popolazione e risorse infinitamente superiori all’Ucraina. Eppure molti, in America e in Europa, hanno pensato che ciò fosse possibile. Taluni, in modo cinico, hanno pensato che il sacrificio ucraino potesse essere utile per indebolire la Russia, costringere Putin alle dimissioni, smembrare il Paese. Un calcolo fallimentare giocato, tragicamente, sulla pelle di migliaia di ucraini mandati al massacro.

 

 

“È una nuova Ventotene” ha detto Corrado Augias della manifestazione pro Europa svoltasi in Piazza del popolo: per i cattolici, quel Manifesto figlio di una visione illuminista ed elitaria che vuole rieducare i popoli e abolire la proprietà privata, può essere un riferimento?

Quel manifesto contiene il sogno di un’Europa unita quando ancora la guerra che dilaniava i popoli europei era in pieno svolgimento. L’attuazione di quel sogno di quel sogno prevedeva soluzioni che oggi non possono essere accolte. Il suo spirito resta però valido ed è quello della pace non della guerra. Nel 1942 Ernesto Rossi, uno degli estensori del manifesto con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, scriveva: “La federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione dello stato di civiltà”.

 

Perché quando si parla di “padri fondatori” l’idea va subito agli autori di quel documento e non invece a Schuman, De Gasperi e Adenauer, tre statisti che, molto diversamente dall’Ue attuale, guardavano a un’unione di popoli europei accomunati dalle radici cristiane?

In realtà il ricordo di Schuman, De Gasperi e Adenauer come padri fondatori della UE non è scomparso. Quello che è scomparso è l’ideale di solidarietà e di pace che guidava il loro progetto. Scomparso prima con il liberismo radicale del Trattato di Maastricht ed ora con il conflitto ucraino che vede l’Europa divenire un polo della contrapposizione geopolitica odierna. Da luogo di mediazione è diventata luogo di contraddizione. Prende il posto occupato precedentemente dagli Usa i quali ora assumono, singolarmente, il ruolo dell’Europa. L’America trumpiana vuole la distensione, cerca il dialogo con la Russia. L’Europa, al contrario, vuole la continuazione della guerra. Posizione paradossale, capace però, in poco tempo, di trasformare le mentalità di tanti: dal desiderio di pace alla volontà di guerra.

Questa bolgia di idee sull’Europa che le manifestazioni di piazza hanno evidenziato nasce da un vuoto di ideali e, prima ancora, di fede?

Sorge da una confusione alimentata dall’informazione e dalla incapacità della leadership europea di esercitare un ruolo di mediazione nel quadro del conflitto russo-ucraino. Molti di coloro che sostengono la continuazione della guerra lo fanno per un ideale: desiderano, a ragione, che l’Ucraina possa riguadagnare i territori perduti, che il sangue sparso non sia stato vano. Non tengono conto, però, che l’Ucraina ha perso la guerra, che non è in grado di continuarla. E non solo per carenza di armi e di mezzi, ma soprattutto di uomini. Migliaia di ucraini sono morti, la gioventù ucraina è morta. Una tragedia. Questo significa che occorre trovare una via d’uscita, onorevole per quanto è possibile. Putin non è caduto, con lui bisogna trattare. Non ci sono alternative.

Quanto pesa sul bellicismo dell’attuale progetto europeo, che sembra incurante della vita umana, il fatto che il Vecchio Continente abbia da tempo rifiutato e reciso le radici cristiane e ridotto il cristianesimo ad una agenzia di formazione civica o perfino ad una scelta personale senza dignità pubblica?

Il problema non sta tanto nel disconoscimento delle radici cristiane, che riguarda il passato dell’Europa, quanto nel disconoscimento presente degli ideali che possono “oggi” tenere in piedi la UE. L’Europa, tra America-Russia-Cina, non può che essere luogo della mediazione. La sua trasformazione attuale spiega il suo silenzio di fronte alle continue dichiarazioni del Papa, in questi anni, sulla necessità di immaginare soluzioni al conflitto. Da Bruxelles non è giunta eco alcuna a quelle dichiarazioni. La voce di Francesco è risuonata per molti, non nei palazzi del potere. E questo non solo per quanto riguarda l’Ucraina ama anche per la tragedia di Gaza su cui il Papa quotidianamente ha portato l’attenzione. Bruxelles ha gridato forte e chiaro contro Putin, non una parola verso l’uccisione di migliaia di bambini e di donne portata avanti dal governo Netanyahu.

C’è una responsabilità dei media cattolici – penso ad esempio all’appoggio dato da Avvenire o da Famiglia Cristiana alle recenti iniziative – nell’alimentare l’uso ideologico dell’europeismo e quindi la confusione tra un’Europa ideale e quella reale, che stanzia 800 miliardi di euro non per raggiungere e mantenere la pace, ma per prepararsi alla guerra?

L’Europa è un valore per tutti e coloro che ne auspicano la fine dimostrano di non comprendere la sua importanza dopo il 1945. Detto ciò, una difesa comune europea esiste già ed è data dalla Nato. Non si può realisticamente pensare ad una difesa europea senza l’ombrello nucleare americano. L’alternativa offerta da Macron risuona surreale. Per questo gli 800 miliardi, oltre a incidere sulla spesa sociale, a cosa servono? Non alla difesa “comune” dal momento che sono gestiti dai singoli Stati. A rafforzare il potenziale tedesco? Questo creerà un nuovo problema, interno all’Europa. L’iniziativa di Bruxelles è meramente emotiva, uno scatto d’orgoglio verso Trump e Putin. Delinea una riconversione di parte del sistema industriale proiettato verso un’economia di guerra. La UE ha diritto di dotarsi di una difesa comune ma questo deve avvenire nel quadro dell’alleanza atlantica e non, in modo sparpagliato, per singoli Stati. Comunque al momento non è il riarmo europeo che preoccupa quanto il progetto della “coalizione dei volonterosi”, portato avanti da Gran Bretagna e Francia, di mandare soldati in Ucraina. In tal modo l’Europa entrerebbe direttamente nel conflitto e si avvicinerebbe il rischio di una guerra mondiale. Una follia. Con grande saggezza il governo italiano si sta tenendo fuori da questo progetto.

Nel suo libro Il male necessario. L’etica del superuomo nel manicheismo romantico (ed. Orthotes, 2024), lei si chiede da dove derivi la nostra giustificazione e assuefazione del male. Una domanda che le giro alla luce della nuova deriva dell’Europa, che individuato un doppio nemico – Washington e Mosca- torna a legittimare il riarmo, la guerra e il sacrificio di esistenze umane. In questi giorni qualche intellettuale è arrivato perfino a glorificare lo spirito guerriero…

Si, questa giustificazione del male, del “negativo” direbbe Hegel, in funzione del progresso della storia è un motivo dominante del pensiero europeo dal 1800 in avanti. È questo pensiero che conduce alla “giustificazione” razionale delle guerre, all’idea della loro necessità. Una necessità accompagnata da una metamorfosi degli ideali. Ne è riprova il recente articolo di Antonio Scurati su “La Repubblica”. Per lo scrittore ciò che manca oggi alla vecchia Europa è lo spirito guerriero. “ Mi riferisco – scrive –  alla svanita combattività di popoli da otto decenni pacificati, demograficamente invecchiati e profondamente gentrificati. Per fare la guerra, anche soltanto una guerra difensiva, c’è bisogno di armi adeguate ma resta, ostinato, intrattabile, terribile, anche il bisogno di giovani uomini (e di donne, se volete) capaci, pronti e disposti ad usarle. Vale a dire di uomini risoluti a uccidere e a morire.”. Qui risuona un’ideologia antica, che ha segnato l’Italia durante il ventennio tra le due guerre, è che torna oggi attuale sotto mentite vesti democratiche.  Dobbiamo temere questi ritorni. Non servono alla difesa dell’Europa ma alla sua dissoluzione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *