Quando Giussani faceva l’autostop

L’Osservatore Romano di mercoledì 11 ottobre ospita una bella recensione firmata da Maria Teresa Tosetto del volume da me curato In comunione e in libertà. Don Giussani nella memoria dei suoi amici. Maria Teresa Tosetto, nata a Torino, insegna Filosofia e Storia in un liceo romano. Ha pubblicato Erich Przywara. Deus exterior et interior in Alici L.- Piccolomini R.- Pieretti A. (ed.)., Esistenza e libertà. Agostino nella filosofia del Novecento, 1, Città Nuova Editrice, Roma, 2000.

L’Osservatore Romano, mercoledì 11 ottobre, p. 7, Quando Giussani faceva l’autostop (Maria Teresa Tosetto)

Le memorie degli amici del sacerdote di Desio nell’ultimo libro di Massimo Borghesi

Tutti noi abbiamo ammirato i mosaici di Ravenna: figure meravigliose create da straordinari artisti accostando piccole tesserine, ognuna di un colore particolare, inserita con una certa inclinazione, per riflettere la luce in mille modi, a formare un’immagine di stupefacente bellezza e armonia.

Questa è l’esperienza che viene alla mente leggendo il libro In comunione e in libertà. Don Giussani nella memoria dei suoi amici, uscito di recente per le Edizioni Studium (Roma, 2023, pagine 288, euro 26).

Si tratta di un libro-mosaico: raccoglie infatti venticinque contributi di testimoni che raccontano la loro storia di amicizia con don Luigi Giussani, il prete milanese fondatore di Comunione e Liberazione, di cui il 15 ottobre 2022 si è celebrato il centenario della nascita. Curatore del libro è Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Perugia, autore anche della efficace sintesi biografica premessa ai diversi contributi, che può costituire un valido strumento per un primo approccio alla figura di don Giussani.

Ogni testimone nella sua diversità di esperienze, di toni e perfino di vocabolario riporta alla memoria incontri, frasi, sguardi che sono rimasti impressi a segnare un punto di svolta nella propria esistenza. Proprio questo è l’intento del libro: restituire un po’ della viva umanità di don Giussani, così profondamente plasmata dalla fede, nella sua dimensione più personale, affettiva.

Molti dei testimoni del libro ricordano la sua voce roca, lo sguardo limpido e sorridente, rievocano con commozione quel tratto, quella parola, quel gesto che ha spaccato la scorza dell’ordinario e ha fatto balenare un senso nuovo della realtà, pieno della presenza di Cristo. Ognuno racconta fatti ed episodi, ora drammatici ora ironici: Giussani che non si risparmia per giungere accanto a qualcuno che soffre, o Giussani “beccato” a fare l’autostop in autostrada. Giussani che tratta con la stessa umanità gli accademici, gli studenti, i camerieri o gli autisti d’autobus. Giussani che piange per un amico in difficoltà, che abbraccia teneramente Giovanni Testori o che dribbla con ironia i “capi” del Movimento troppo compresi nel ruolo. Che si entusiasma per gli amici dell’America Latina — come raccontano con vivacità Alver Metalli e il vescovo Filippo Santoro — o che incontra con semplicità e con apertura universale i più grandi teologi, da von Balthasar a Jean Guitton, come spiega nel suo contributo il cardinale Angelo Scola. Da tutti i racconti emerge l’umanità vibrante, l’inesauribile passione per Cristo e per l’uomo, la straordinaria intelligenza affettiva, l’intensità di vita (viene da chiedersi quanti chilometri avrà fatto per raggiungere tutti!) e l’amore per la bellezza; la tenerezza, l’umiltà e la delicatezza umana, l’impetuosa passione per il reale, la straordinaria capacità di ascolto, ma anche la domanda esigente di radicalità di quello strano prete.

Il libro restituisce anche il quadro di un’epoca, dagli anni Sessanta ai Novanta. I giovani che incontrano Giussani sono studenti delle superiori o universitari, spesso sono già completamente lontani dalla fede, o ne seguono tiepidamente ed esteriormente le forme. Ma nell’incontro con Giussani il Vangelo torna a essere un annuncio affascinante per cui spendere la vita con passione. Come dice uno dei testimoni: «La fede cristiana, quella stessa che noi avevamo ereditata in una versione così scolorita, era proprio la fede tradizionale, ma splendeva ora ai nostri occhi nella sua interezza».

Il Sessantotto, la contestazione, gli anni della violenza e dei mutamenti radicali di costume emergono dai racconti dei protagonisti, così come anche le varie fasi della storia del Movimento, delle sue crisi e del suo crescere e dilatarsi nel mondo.

Rocco Buttiglione partendo dall’incontro ai tempi del liceo fornisce un quadro ricco di riferimenti alla filosofia sottesa alla formazione e al metodo di don Giussani, vedendo in lui un vero “discepolo missionario”. Il vescovo Massimo Camisasca racconta del suo rapporto filiale con don Giussani, conosciuto addirittura da bambino. Guzman Carriquiry parla dello stupore e della gioia con cui lui, autorevole membro di un dicastero vaticano, accoglie l’accento di novità nelle parole di Giussani, che gli fa riscoprire con occhi nuovi la ricchezza della fede. Lucio Brunelli rievoca l’inaspettata visita di don Giussani in ospedale a lui, giovane studente della Sapienza, ferocemente massacrato da picchiatori di estrema destra. Per tutti il rapporto col Giuss istituisce una figliolanza che permane tutta la vita.

Tra le testimonianze, vengono anche riproposti due testi scritti a suo tempo da Giulio Andreotti e da don Giacomo Tantardini. Quest’ultimo, attraverso il racconto degli incontri e degli intensi dialoghi con Giussani ce ne fa intravedere il profondo rapporto personale con Cristo. Nel volume c’è un solo contributo da parte di chi non ha mai conosciuto personalmente Giussani. È di Wael Farouq, docente di letteratura araba, che dall’Egitto, affascinato dalla profondità del libro Il senso religioso, proprio grazie alla serietà del metodo giussaniano si mette in movimento alla riscoperta della propria fede musulmana.

Dal mosaico di storie emerge chiara la straordinaria libertà dell’uomo Giussani, e la sua capacità come educatore di puntare sulla libertà dei tanti giovani che incontra, libertà che viene sfidata e sollecitata, mai forzata. Altrettanto evidente è la comunionalità, come dimensione imprescindibile della fede, e la salda obbedienza alla Chiesa. E poi la carità, che nella vita di Giussani diventa passione per il destino dell’altro e viene proposta costantemente come dimensione della vita per tutti.

Monica della Volpe, ora monaca trappista a Valserena, nel raccontare l’impatto con il giovane sacerdote in una “tre giorni” a Varigotti nel 1962 sottolinea la radicalità della sua proposta, parla di “inquietudine buona della fede scomoda”, parla di “forza eversiva” di Giussani, un padre la cui eredità resta presente e decisiva per tutta la sua vita in monastero. Molti si scusano con modestia perché per parlare di lui parlano di sé, ma al contrario proprio questa prospettiva personale costituisce la forza del libro. Saggiamente suor Monica, dopo essersi anche lei scusata per aver parlato di sé, aggiunge: «Mi consola il fatto che anche la Bibbia, i Vangeli sono nati così: a partire dall’esperienza ricreante di Dio incontrata concretamente nella nostra storia di uomini». Riporta le parole di Giussani: «Non ho bisogno di ripetitori – ne ho già troppi – ma di figli». E chiosa: il figlio è quello che va, e traffica l’eredità ricevuta. È proprio questo l’invito che Papa Francesco ha rivolto ai figli di don Giussani nell’incontro del 15 ottobre 2022 in piazza San Pietro.

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